Gran Milano

L'Archivio della scultrice Rachele Bianchi, e non solo. Riscoperte milanesi

Francesca Amé

A cent’anni dalla nascita Milano celebra la sua scultrice pioniera con una mostra al Palazzo Pirelli e con “La Rete delle Artiste”, progetto dell’Archivio a lei dedicato per unire e valorizzare le voci femminili dell’arte lombarda.

Autodidatta, sperimentale, pioniera, dicono oggi i critici. Impegnativa, divertente, dedita al lavoro, dice chi l’ha conosciuta da vicino. Cent’anni fa nasceva a Milano Rachele Bianchi, scultrice e pittrice, ed è il momento di celebrarla a dovere. Conoscerete di certo almeno una sua creazione: “Personaggio” è una scultura che si erge, fiera, in via Vittor Pisani. Nota a margine: è la prima opera pubblica della nostra città realizzata da una donna e dedicata alle donne. Fu installata nel 2019, un anno dopo la morte dell’artista. Grazie a Elena Sacchi, che ha avuto Rachele Bianchi come suocera, ne ripassiamo la biografia. Bianchi nasce in una solida famiglia borghese e la sua passione per l’arte non è presa sul serio (quindi studi classici sì, ma niente Accademia). Arrivano poi il matrimonio e i figli (una femmina e un maschio) ma l’ossessione per l’arte non si placa. Da autodidatta, disegna su tavolette; poi comprende che la sua vocazione è il volume: lavora la creta, la terracotta, la plastilina. Gira per mostre, frequenta la Galleria il Milione, espone alcune sue opere, ma sempre ai margini del “gran giro”. Si separa, divorzia e dedica più tempo alla scultura. “In perenne sfida con sé stessa, impara e sperimenta grazie alla sua curiosità”, dice al Foglio Giorgio Uberti, che dell’Archivio Rachele Bianchi è oggi curatore. Critici raffinati come Luciano Caramel e Flavio Caroli si accorgono del suo talento da outsider. Bianchi firma sempre le sue opere con una rete aperta: “Un simbolo potentissimo, che sentiamo come sua eredità: oggi l’archivio vuole essere quella rete lì”, dice Sacchi.

 

Ecco allora alcune novità: l’Archivio Rachele Bianchi, al civico 14 di via Legnano, uno spazio che custodisce oltre un migliaio di opere tra sculture, bassorilievi, dipinti e disegni centrati sull’evoluzione della figura femminile, apre le sue porte al pubblico (il mercoledì e il giovedì pomeriggio) e sta lavorando alla grande mostra del centenario della nascita dell’artista, un viaggio visivo attraverso un centinaio di pezzi, dagli anni Cinquanta agli anni Dieci del Duemila (aprirà a gennaio a Palazzo Pirelli). Mentre si sta dotando anche di una piattaforma online, preziosa base per un futuro catalogo ragionato, l’Archivio Rachele Bianchi ha lanciato il progetto “La Rete delle Artiste” per connettere archivi e fondazioni di artiste donne a Milano e in Lombardia. “Rachele ha fatto tanta fatica per farsi prendere sul serio, per ottenere riconoscimenti. Non lo ha mai dimenticato – dice Sacchi al Foglio – Per questo vogliamo creare un circuito che promuova l’arte di tante donne della sua generazione, che hanno patito prima di essere considerare. Gli archivi non sono posti polverosi, ma luoghi vivi dove poter conoscere aspetti inediti degli artisti. Andrebbero valorizzati maggiormente e noi abbiamo voluto tracciare una prima mappa di questi archivi al femminile che già esistono, per condividere future iniziative e progetti. Per dire a tutti che esistiamo”.

 

A pochi passi dall’Archivio Rachele Bianchi, in via Garibaldi c’è lo Studio Museo di Bianca Orsi (1915-2016), anche lei scultrice, e in centro c’è anche quello degli eredi dell’artista Nanda Vigo (1936-2020). Lungo i Bastioni si incrocia l’archivio della fashion designer belga ma milanese d’adozione Pharaildis Van den Broeck (1952-2014), in corso di Porta Romana quello di Gabriella Benedini, classe ’32 e ancora attiva, in viale Beatrice d’Este un museo racconta l’arte della monzese di origini elvetiche Elisabetta Keller (1981-1969) mentre in via Carlo Porta è aperto l’Atelier dedicato a Carola Mazot (1929-2016). L’idea è di intrecciare le vite e le carriere di queste artiste troppo a lungo ritenute marginali nella storia dell’arte ufficiale e di allargare il più possibile le maglie della rete (future new entries, ci dicono, saranno gli Archivi di Federica Galli e di Maria Cristina Carlini): “Vorrei coinvolgere nel progetto anche gli archivi lombardi di Dadamaino e di Lydia Silvestri – confida Sacchi al Foglio – e chissà quanti altri ne esistono: sto ancora mappando il territorio”. La Rete di Rachele Bianchi è aperta.

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