GRAN MILANO

Beppe e Attilio, una “coppia di fatto” con famiglie disfunzionali

Fabio Massa

Sul palco di Assolombarda il sindaco e il governatore lombardi scherzano da vecchi complici, ma dietro la sintonia personale si nascondono i guai delle rispettive “famiglie”: Pd spaccato a Milano e Lega in affanno sotto la spinta di Fratelli d’Italia

Il siparietto, sul palco di Assolombarda, è stato gustoso. Non è la prima volta che Beppe Sala dice di Attilio Fontana: siamo una “coppia di fatto”. Risatine, non bisogna neppure aggiungere “politica”. Beppe si diverte, una volta tanto, all’Assemblea annuale, la prima di Alvise Biffi presidente; dice che tante volte si ritrova a chiamare lo “zio Attilio” perché praticamente sempre gli mancano i fondi. E lo “zio Attilio”, galantuomo della politica, deve pure dire, e lo fa pubblicamente, che se in futuro i fondi europei verranno gestiti centralmente da Roma, cosa che si vocifera e probabilmente sarà, la Regione (anzi, le Regioni, tutte!) si trasformerà in una gigantesca Ats, con nessuna competenza in più. Giù dal palco, si sa che il rapporto personale è ottimo. Amicizia, si potrebbe dire. Certo, c’è la politica che ogni tanto fa volare qualche mazzata, qualche botta e risposta. Ma poi, e chi sta in automobile con il presidente di Regione Lombardia lo sa bene, a sera non è infrequente che tra i due ci sia una chiacchiera, mentre ognuno torna a casa. Di lavoro, di condivisione dei dolori da secondo mandato. Perché le coppie di fatto (politiche) sarebbero anche più serene, se non avessero a che fare, ognuno a casa sua, con famiglie disfunzionali. Con le proprie maggioranze complicate.

Beppe Sala è alle prese con un Pd (e una sinistra in genere) che nella sua schizofrenia è difficile da comprendere. La spaccatura velenosa sul sì al nuovo stadio; la spaccatura sanguinosa sulle inchieste edilizie (ieri Sala è tornato a invocare una “legge nazionale”, insomma quel Salva-Milano che il Pd ha affossato). Quando il sindaco dice che tempo per fare il nuovo Pgt non ci sarà, non c’è bisogno di spiegare il perché. Poi le richieste per una nuova giunta, ma poi rimane tutto come prima. La spaccatura del Pd contro sé stesso sul Leonka. Le tensioni sul gemellaggio con Gaza e per rompere quello con Tel Aviv. Sala se ne tira fuori, ma dopo dopo aver mormorato che Tel Aviv è la città che più si oppone a Bibi e che il sindaco è un progressista sincero. Una famiglia difficile da tenere unita, quella della sinistra milanese. Per tirare le somme: Sala avrebbe di che piangere, se non vedesse il 2027 ormai vicino.

Per Fontana invece il problema è che il 2028 è lontano, e viene dopo il 2027, che viene due anni e mezzo dopo l’ottobre 2025. Molto tempo. Un’èra geologica da passare in una situazione assai complessa. Fratelli d’Italia continua in una pressione costante su ogni partita (ieri si è dimessa l’assessora al turismo Barbara Mazzali, che pure è di FdI, per far posto a Debora Massari, aggiustamenti interni). Ogni nomina, ogni spiraglio è buono al partito di Meloni per far valere la sua percentuale. Chi conosce le cose lombarde filosofeggia: in fondo anche la Lega ha fatto lo stesso quando FdI era piccola piccola. Ma il povero Fontana, che da buon leghista d’antan vorrebbe solo governare per il bene del territorio e seguendo la stella polare dell’autonomia, vede dopo di sé il diluvio: l’accordo con il quale la Lega ha blindato il Veneto è lo stesso con cui si fa passare armi e bagagli la Lombardia a Fdi. E’ ancora presto, ma l’umore di molti della Lega Lombarda è un po’ sotto i piedi. Non bastassero i malumori per le poco brillanti (diciamo) performance del Vannacci. Tra gli scontenti in primis c’è il segretario Massimiliano Romeo. Fortuna che in due anni e mezzo tante cose possono cambiare. Così ci si aggrappa al fatto che l’autonomia è ancora là, non è morta anche senon si sente troppo bene. In Veneto non è neppure argomento da campagna elettorale: meglio non promettere cose che non si faranno. Così il Beppe e l’Attilio sono una coppia di fatto che potrebbe far ancora bene, e divertirsi, nell’ultimo tratto di strada. Ma il mal comune non basta a generare il mezzo gaudio.

 

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