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Riflessioni su questo tempo d'odio con la rettrice dell'Università Iulm

Mariarosaria Marchesano

“Si avverte diffusamente una mancanza di capacità di ascolto e di valori condivisi. E’ un fenomeno più generale. Bisognerebbe tornare a una comunicazione etica” dice Valentina Garavaglia

I cortei nelle piazze, i talk show, le immagini e i commenti dei social. Ma anche i proclami dei leader politici con le loro verità. La comunicazione ai tempi della guerra è assordante. Ci si sente anche in mezzo a un conflitto di parole, con frasi sparate come missili sopra la testa delle persone, ma capaci di colpire al cuore. “Bisognerebbe tornare a una comunicazione etica”, dice al Foglio Valentina Garavaglia, rettrice dell’Università Iulm, ateneo milanese dedicato allo studio di lingue e comunicazione e il primo in Italia ad avere istituito un corso in relazioni pubbliche. Eppure, questo non sembra il tempo dell’etica e il il castello di norme del politicamente corretto è avviato sul viale del tramonto. Non trova? “Ma così torniamo all’età della pietra. Si avverte diffusamente una mancanza di capacità di ascolto e di valori condivisi. Questo si riflette in una comunicazione urlata, muscolare, e non solo perché ci sono le guerre. E’ un fenomeno più generale. Penso che dovremmo recuperare una dimensione di rispetto e correttezza anche nel confronto su temi e situazioni molto divisive”.

 

Garavaglia, classe 1974, rettrice da un anno dopo essere stata per alcuni anni allo Iulm docente ordinaria di Teatro moderno e contemporaneo al culmine di una carriera accademica spesa nello studio di arti visive, dei media, della pubblicità. Perciò, conosce il valore delle parole, dei toni, delle immagini usate nella rappresentazione scenica, oggi molto in voga, di opinioni e sentimenti. Condivide le osservazioni della nuova presidente della Conferenza dei rettori, Laura Ramaciotti, che, a proposito delle proteste per il conflitto israelo-palestinese dice che bisogna tornare a una università aperta, dialogante e internazionale, in cui non c’è posto della violenza per combattere la violenza? “Aggiungerei che gli studenti non devono indossare le maschere degli adulti, anche nell’espressione del dissenso dovrebbero essere sinceri e autentici, senza fare il verso alla narrazione di altri”.

 

Ha la sensazione che recitino una parte? “Si sono viste delle occupazioni, a volta sono sembrate delle finte occupazioni, come quando si recita una parte. I giovani dovrebbero potere essere sinceri fino in fondo ma anche sapere rispettare la libertà degli altri che vogliono fare lezione. Dall’altra parte, noi dovremmo sapere ascoltare e intercettare la pluralità di voci senza pregiudizi”. Come ve la siete cavata allo Iulm in questo periodo di subbuglio nelle università italiane? “Da noi non ci sono state occupazioni, ma non siamo rimasti indifferenti. Io dico sempre che lo Iulm è un’università privata con tutti i doveri di una università statale. Quindi sul tema israelo-palestinese e su tutti gli effetti sul piano geopolitico abbiamo promosso, e non solo di recente, diversi momenti di confronto e dibattito. Abbiamo cercato sempre di coinvolgere tutte le parti in causa per offrire agli studenti la visione più ampia possibile con l’intento di seminare valori di pace e di solidarietà globale. Sono questi valori che ci possono aiutare a riportare la comunicazione a una dimensione più umana”. 

 

Come si supera il linguaggio dell’odio? “Abbassando la voce e imparando ad ascoltare. Penso che le donne potrebbero dare un contributo in questo senso perché riescono in modo naturale a intercettare bisogni ed esigenze diverse, a mediare, a prendersi cura, sono abituate a farlo in famiglia. Invece, non se ne vedono abbastanza nei ruoli di negoziatori”. Nelle trattative per la pace in medioriente, in effetti, di donne non se ne sono viste tante. Eppure, la premier italiana, Giorgia Meloni era presente in Egitto durante la firma degli accordi quando il presidente Trump le ha rivolto i complimenti per la sua “bellezza”.

 

Intanto, anche con il vento che spira dall’Atlantico, c’è chi pensa che le donne rischiano di fare un passo indietro. Lei che ne pensa? “E’ una domanda che ci stiamo ponendo con alcuni gruppi di lavoro. Bisogna fare in modo che non accada”. Intanto, mentre parliamo nella stanza del Rettorato, al piano di sotto sta per essere inaugurata la mostra di una delle più grandi fotografe contemporanee e maestra indiscussa dell’arte analogica: Graciela Iturbide. Messicana, 85 anni, ha viaggiato tutta la vita per il mondo alla ricerca dell’anima nascosta di luoghi, fatti e persone. Il suo “realismo magico”, con la forza dei simboli, è uno di quei modi di comunicare attraverso i simboli e i piccoli gesti del quotidiano di cui oggi si sente la mancanza. 

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