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Quell'interrogatorio sulla vicenda Equalize in cui ai pm interessano molto i colleghi

Fabio Massa

Al di là dell’attenzione morbosa per i rapporti politici dell'ex presidente di Fondazione Fiera, molte domande dei magistrati che lo interrogano impattano sul mondo della giustizia: da Fabio Roia a Piero Capitini, il balletto tra saperlo e non saperlo

Ci si immagini un minuetto, o forse meglio un tango. Nel quale una coppia, avvinghiata, gira vorticosamente con movimenti ripetuti, andando sbattere contro altri in sala. Ma continua a girare. L’interrogatorio che Enrico Pazzali ha richiesto la scorsa settimana per chiarire la sua posizione nella vicenda Equalize è proprio questo. Un ballo, vorticoso. Ma andiamo per ordine. Il primo dato interessante verte su una riga, poco prima delle firme finali: “Il difensore rinuncia ai termini per il deposito del verbale d’interrogatorio”. Tradotto: non prende la copia. Però – in barba a chi dice che sono gli avvocati a diffondere le carte delle inchieste – a una manciata d’ore dalla redazione di quel verbale, iniziano a uscire gli stralci sulla stampa. Ci siamo abituati, ma continua a essere assurdo e incivile.

 

Enrico Pazzali risponde a ogni domanda. Il leitmotiv è chiaro: io non sapevo che Carmine Gallo facesse accessi abusivi allo SDI, la piattaforma riservata nella quale ci sono le indagini in corso e i precedenti. Ma come faceva a non saperlo – questo il fil rouge della procura – visto che otteneva report ultraprecisi su praticamente chiunque, che fosse personaggio pubblico o gente comune? Risposta: perché Carmine Gallo era un super poliziotto stimatissimo ovunque, tanto da finire addirittura all’interno di un film, e avrà avuto i suoi bravi contatti come investigatore privato. Insomma: non sapevo che accedeva allo SDI, avrà saputo lui come fare a procurarsi le informazioni. Fin qui il minuetto, ripetuto allo sfinimento. Con questo balletto si finirà in aula, se ci sarà rinvio a giudizio, e su questo dovranno esprimersi in giudici in un caso che si riduce a un unico elemento: sapeva e ordinava, Enrico Pazzali? Oppure non poteva non sapere? Oppure non sapeva?

 

Interessante però è pure qualcosa d’altro, in questa vicenda. Sfuggita ai giornali. Al di là dell’attenzione morbosa per i rapporti politici di Pazzali, da Attilio Fontana a Ignazio La Russa (contro il quale Pazzali continua a ribadire di non aver fatto proprio nulla, e al quale lo legava una amicizia ultradecennale), molte domande dei magistrati che lo interrogano impattano invece sul mondo della giustizia. Su Fabio Roia, stimatissimo presidente del Tribunale di Milano, ad esempio. A Roia, del quale Pazzali aveva grande stima, l’ex presidente di Fondazione Fiera chiese un parere sull’amministratore delegato che avrebbe voluto nominare in Fiera spa. I pm criticano di certo Pazzali e il suo whatsapp, ma anche il fatto che Roia risponda. Commentano: “Si tratta di una procedura sorprendente oltre che del tutto irregolare e dalle modalità informali che lasciano perplessi per tante ragioni”. Gli stessi pm chiedono chi fosse Piero Capitini, lasciando intendere di non sapere nulla della storia di Fiera Milano e dell’amministratore giudiziario che proprio il Tribunale mise dopo il caso delle infiltrazioni della ’ndrangheta in Nolostand. 

 

Non è finita qui. Perché i pm insistono in particolar modo sull’amicizia tra Pazzali e Cosimo Di Gesù, un vero e proprio mito della Guardia di Finanza italiana, cercando di capire perché e in che modo i due si parlassero. Poi fanno notare che “per un ufficiale della Guardia di finanza pensare di usare un generale d’inchiesta per finalità private è abbastanza grave”. Altri urti a lato del balletto del “non so-non puoi non sapere”. Pazzali cita Marcello Viola, per il caso della fuga di notizie sull’indagine a suo carico, i pm chiedono approfonditamente dei rapporti con i servizi segreti (nomi e cognomi), i pm citano l’ex prefetto di Milano Renato Saccone per vicende laterali (un ecografo e un festival musicale). Insomma: una girandola. Che non cambia due fatti. Il primo è che questa inchiesta si basa tutta sulla dimostrazione che Pazzali sapesse e ordinasse di usare lo SDI, oppure no. Il secondo è che questa inchiesta rischia di essere sempre di più esplosiva per i rapporti tra servitori dello Stato: fedeli, fedelissimi o ampiamente infedeli. Craxi aveva torto: non si arresteranno tra di loro. Ma qualche mazzata qui e là sta volando.

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