L'aeroporto di Montichiari - foto LaPresse

Gran Milano

La Lombardia vuole l'aeroporto di Montichiari, gestito dal Veneto

Giovanni Seu

Il piccolo e ultradecennale aeroporto è diventato oggetto di una contesta tra due delle regioni più sviluppate d'Italia. Il motivi? L’inadeguatezza della Catullo, società di gestione degli aeroporti di Verona 

È difficile pensare che un piccolo aeroporto, che vive un declino ormai ultradecennale, possa diventare oggetto di contesa tra Lombardia e Veneto, le regioni più sviluppate d’Italia (ai primi posti anche in Europa) e politicamente (quasi) sorelle. Eppure ci sono segnali secondo cui lo scalo di Montichiari sia diventato un problema politico in primo luogo per ragioni territoriali, come dimostra la mozione votata lo scorso dicembre all’unanimità – con l’eccezione di M5s – che chiede un cambio di gestione del D’Annunzio, così si chiama l’aeroporto del bresciano. I motivi? L’inadeguatezza della Catullo, società di gestione degli aeroporti di Verona e appunto Montichiari, che avrebbe fatto deperire quest’ultimo già dal 2010 dirottando sul terminal veronese tutto il traffico passeggeri: “Con il controllo della Catullo da parte di Save la situazione è peggiorata – attacca il consigliere lombardo di Fdl Giorgio Bontempi, primo firmatario della mozione – oggi il traffico merci è 40 mila tonnellate. Ma c’è un tema ancora più decisivo: al momento esistono solo voli charter, nessuno scalo è sostenibile senza il trasporto passeggeri, Save si è dimostrata incapace di gestire Montichiari per cui è necessario che venga revocata la concessione quarantennale”. Sulla stessa linea si colloca Dario Balotta, esponente della sinistra ambientalista, che condivide l’immagine di cattedrale nel deserto di Bontempi: “Si stanno scontando i troppi errori compiuti nel passato, a cominciare dalla scelta dai bresciani di preferire la gestione di Catullo piuttosto che finire nell’orbita di Bergamo. Oggi Montichiari, dopo avere perso i passeggeri, è uno scalo merci di dimensioni ridotte a causa anche dello smantellamento dell’aerostazione: restano solo le poste mentre Dhl è a Malpensa e Amazon a Orio”.
 

La ricetta, insomma, è sottrarre il D’Annunzio a Save/Catullo che è rimasto azzoppato a tutto vantaggio degli scali veneti e riportare qualche rotta passeggeri magari da Orio, ormai saturo con i 16 milioni di passeggeri registrati lo scorso anno. Un’operazione tutt’altro che facile dal punto di vista burocratico perché compete al governo revocare la concessione e assegnare la nuova gestione attraverso un bando: anche ammesso che si arrivi a questo passo non è detto che sarebbe la Sea o la Sacbo ad aggiudicarselo. Ci sono poi altre ragioni, espresse da Paolo Beria, docente di Economia applicata al Politecnico: “Mi lascia perplesso la proliferazione degli aeroporti, in Lombardia ci sono già tre scali che assolvono ampiamente al trasporto dei passeggeri. Se si volessero investire risorse sarebbe bene indirizzarle nel potenziamento dell’accessibilità per assicurare a chi ad esempio vive nel bresciano di prendere l’aereo da Verona, Bergamo o Linate con uno spostamento frequente e rapido”. Ma le resistenze più forti si registrano a livello istituzionale. Né la Giunta regionale veneta né quella lombarda vedono con troppo favore un cambio di gestione. Spiega l’assessore lombardo alle Infrastrutture, Claudia Maria Terzi: “Montichiari è un centro strategico nella movimentazione merci assieme a Malpensa, Save ha presentato un piano di sviluppo che prevede un’implementazione dello scalo e che contiene, a mio avviso, elementi positivi”. Anche sul tema passeggeri Terzi si discosta dell’orientamento manifestato dal Consiglio regionale: “Facciamo un passo alla volta, abbiamo tre scali che coprono la domanda ma nella nostra programmazione Montichiari potrà essere utilizzata come riserva per completare lo sviluppo di questo settore”.
 

L’attore principale di questa vicenda, Save, non ha nessuna voglia di essere estromesso dall’aeroporto bresciano. Oltre a gestire quasi tutto il sistema aeroportuale veneto (Venezia, Verona e Treviso) e il 48,32 per cento dell’aeroporto belga di Charleroi, la società ha sviluppato il suo business anche in infrastrutture di mobilità, food & beverage e retail. Per Francesco Folonari, Cargo manager del Gruppo, le critiche che arrivano dal Pirellone sono infondate: “Montichiari è l’aeroporto del gruppo con la vocazione cargo che è economicamente sostenibile anche senza passeggeri, come dimostra quello di Liegi che è full cargo. Noi vogliamo svilupparlo, tra quelli fatti e quelli in programma ci sono 100 milioni di investimenti: abbiamo prospettive di crescita, già dal prossimo giugno avremo nuovi vettori”. Quanto ai rapporti con la giunta lombarda sembra che tutto vada liscio: “C’è sintonia d’intenti”, dice l’ingegnere.

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