Gran MIlano

Dopo lo sprint vaccini, è l'ora della grande riforma della Sanità 

Daniele Bonecchi

Letizia Moratti ha presentato un progetto ambizioso e con innovazioni interessanti. Tempi brevi. La sinistra dice no

Vietato sbagliare. Perché dopo un anno e mezzo di disastro Covid, ora allontanato da una gestione vaccinale efficiente, di visite specialistiche e interventi rinviati causa pandemia, idi medici di base in sofferenza e medicina territoriale in abbandono, i lombardi chiedono una riforma della Sanità sicura e su misura. E lo chiedono all’assessore e plenipotenziario Letizia Moratti: è stata chiamata per questo. E se fallirà (non tanto lei, ma la giunta di cui fa parte), sarà più concreta la possibilità che la riforma la faccia nella prossima legislatura la sinistra, per ora costretta al ruolo di interlocuzione e opposizione. Ma uscire dal labirinto delle linee di sviluppo della proposta di legge regionale, dalle valutazioni della giunta, di maggioranza e opposizione è un’impresa difficile. Anche perché – al di là delle dichiarazioni di principio sulla necessità di restituire ruolo ai territori – lo sport più diffuso è quello di provare a limitare i rischi. Ne sa qualcosa Roberto Maroni, che si è schiantato contro il muro degli interessi particolari (grandi e piccoli), come quel 76 per cento dei medici di base di Milano che non aderirono alla sua riforma, incentrata su malati cronici e anziani. 

 

 
Dopo un “passaggio” in giunta, con qualche distinguo sulla governance, la nuova riforma targata Moratti è approdata martedì in commissione al Pirellone, per iniziare il suo percorso. “Lo spirito di questa proposta di riforma è sicuramente il rafforzamento della Sanità territoriale, in maniera molto concreta", ha detto la vicepresidente e assessore al Welfare presentando il suo ambizioso progetto. “Quando parliamo di polo territorio parliamo di ‘Case della comunità’, di distretti, di centrali operative territoriali, di ospedali della comunità. E ci siamo dati dei tempi anche molto precisi”, ha continuato. “Abbiamo l’obiettivo di individuare entro settembre i siti fisici nei quali costruiremo 216 Case della comunità, 101 centrali operative territoriali, 64 ospedali di comunità  e fisicamente gli indirizzi dove verranno realizzate entro dicembre”, ha aggiunto. Ora partirà la fase più delicata: l’audizione degli stakeholder, che comprende anche l’analisi dei risultati raggiunti nel quinquennio dalla legge Maroni, che ha “messo in luce punti di forza e aspetti da migliorare. Se da un lato l’eccellenza ospedaliera lombarda e gli Ircss si sono attestati ai vertici di qualità nazionale, dall’altro è emersa la necessità di valorizzare l’esperienza dell’attività territoriale con continuità dei percorsi di cura, anche alla luce dell'esperienza della pandemia”, ha chiarito la vicepresidente. Esiste qualche incertezza – che verrà superata nel confronto in Commissione tra le forze di maggioranza – sulla governance. Ma il cuore della proposta guarda ai cittadini. Attraverso le Case di comunità che andranno a rimodulare l'esperienza oggi rappresentata dai Presst e saranno la struttura fisica in cui opereranno team multidisciplinari di medici di medicina generale, gli specialistici, infermieri di comunità, altri professionisti e assistenti sociali. Il progetto poi ha individuato negli Ospedali di Comunità, oggi rappresentati dai Pot, le strutture di ricovero per cure intermedie che si collocano tra il ricovero ospedaliero tipicamente destinato al paziente acuto e le cure territoriali. Si prevede di realizzare almeno un Ospedale di Comunità per ogni Asst. Mentre le Centrali operative territoriali (Cot) faciliteranno l’accesso del cittadino al Sistema delle cure territoriali. I princìpi cardine individuati da Letizia Moratti nelle sue linee guida sono: approccio “one health”, in particolare nelle aree della prevenzione e della veterinaria a favore di una salute complessiva per le persone, animali e ambiente; libertà di scelta del cittadino, da sempre patrimonio del Servizio sanitario regionale, sia nella scelta delle strutture che del personale; per il rapporto fra pubblico e privato, verrà riservata attenzione al rapporto sussidiario tra strutture pubbliche e private che nel tempo ha permesso l’innalzamento della qualità delle cure; raccordo tra mondo produttivo e realtà universitarie e della ricerca. Mentre l’assessorato al Welfare avrà un ruolo di governo, anche attraverso l’irrobustimento della funzione d’indirizzo nei confronti delle Agenzie di tutela della salute (Ats) e degli erogatori pubblici e privati.
Questa la struttura della riforma che da settembre a fine anno dovrà trovare conferma tra gli operatori della Sanità lombarda. Per ciò che riguarda il finanziamento le garanzie ruotano attorno alle risorse europee del Recovery fund, in coerenza con il Pnrr. Insoddisfatte le opposizioni: “Non è stato chiarito affatto quale sarà il ruolo della Sanità privata e se opererà anche nella medicina territoriale e non è stata fatta alcuna distinzione fra operatori profit e no profit”, ha detto Samuele Astuti consigliere del Pd ed esperto della materia: “La riforma della Sanità lombarda, ha concluso, “resta all’anno zero”. Gioco delle parti o surplace tattico per sfoderare qualche idea innovativa?