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Ridotta di Valtellina. L'ultima partita territoriale di Pop Sondrio

Mariarosaria Marchesano

Settimana prossima davanti al Consiglio di stato si terrà l’udienza per la trasformazione in spa della banca, atto decisivo della lunga e complicata querelle giudiziaria, arrivata anche alla Corte di Giustizia europea

Giovedì prossimo davanti al Consiglio di stato si tiene l’udienza per la trasformazione in spa della Banca Popolare di Sondrio. Dovrebbe essere l’ultimo e decisivo atto di una lunga querelle giudiziaria, significativa nella sua particolarità – arrivata fino alla Corte di Giustizia europea – che ha visto un gruppo di soci della banca valtellinese, con alle spalle 150 anni di storia, difendere in tutti i modi il modello cooperativo e opporsi per sei anni alla trasformazione in spa prevista dalla legge di riforma delle banche popolari varata dal governo Renzi nel 2015. Davanti al Consiglio di stato la Popolare di Sondrio non farà passi indietro su tutte le questioni di principio sollevate finora – anzi, nella memoria preparata per l’udienza pubblica vengono riportati svariati pareri di esperti che confutano il fatto che le banche cooperative siano meno efficienti e peggio organizzate delle grandi banche – ma apre, seppur a modo suo, all’ipotesi di un’aggregazione con altre piccole realtà bancarie che operano sul territorio lombardo.

 

Nel documento che porta la firma del giurista Fausto Capelli, c’è scritto che una simile aggregazione potrebbe avvenire “anche creando, tramite una società holding intermedia, una nuova banca sotto forma di società per azioni”. Quella della holding intermedia non è una novità, anzi è uno dei punti su cui più si è dibattuto in tutti questi anni perché, in linea teorica, potrebbe rappresentare una soluzione di compromesso: se la Banca d’Italia desse il suo beneplacito, cosa che finora non ha fatto. I soci della Sondrio che portano avanti l’istanza, tra i quali spicca l’economista Marco Vitale, in realtà, sperano che la vigilanza alla fine si convinca davanti a un pronunciamento favorevole del Consiglio di stato e che tutta questa vicenda si possa concludere salvando capra e cavoli (modello mutualistico e voto capitario e adempimento a un obbligo di legge che prevede la trasformazione in spa).

 

L’idea è quella di aggregare altre banche popolari lombarde di piccole dimensioni arrivando a costituire – sul modello Finsoe-Unipol – una nuova società cooperativa che a valle controlli l’attività bancaria sotto forma di società per azioni. Questa proposta si basa sul profondo convincimento che – come spiega in sintesi Capelli al Foglio – i problemi dell’Italia non si possono risolvere con la “finanziarizzazione” delle imprese che, tra l’altro, è figlia di un approccio iperliberista alla “Chicago boys” – anche un po’ superato – in cui tutto in economia si risolve applicando un algoritmo. Al contrario, per una banca popolare cooperativa – seguendo il filo del ragionamento – la cosa più importante è sostenere le imprese e le famiglie che operano su un determinato territorio esercitando il credito in modo tale da fare gli interessi della collettività. Peccato, però, si potrebbe replicare, che tutte queste considerazioni siano superate da una legge dello stato italiano che impone alle banche cooperative che hanno un patrimonio superiore a 8 miliardi a trasformarsi in società per azioni proprio per superare i limiti gestionali e di governance che spesso si annidano nel modello cooperativistico e che la Popolare di Sondrio è l’unica tra le 10 banche coinvolte che si è rifiutata arrivando a una fase di stallo.

 

L’ipotesi di un’aggregazione a livello regionale che utilizzi una holding intermedia – oltre al fatto che potrebbe essere giudicata contraria allo spirito della legge di riforma – non risolve il problema della mancanza di contendibilità della Pop Sondrio. Dopo l’esperienza fatta dal fondo Amber – che dopo aver rilevato il 6 per cento del capitale e investito qualche centinaio di milioni non è riuscito ad acquisire lo status di socio perché la banca si è rifiutata, intimandogli di vendere le azioni che superano l’1 per cento pena la mancata riscossione dei dividendi – è difficile che un altro fondo si avvicini alla banca valtellinese fino a quando non ci sarà una struttura del capitale adeguata. Eppure, la presenza di investitori finanziari potrebbe rivelarsi provvidenziale in una fase post pandemica in cui la fine delle moratorie e l’aumento di crediti deteriorati potrebbe richiedere operazioni di rafforzamento patrimoniale. E, inoltre, bisogna tener conto della spinta che arriva dalla Bce verso le aggregazioni tra banche finalizzate proprio a scongiurare focolai di crisi nell’Eurozona. È per questo che gli analisti di mercato da tempo ipotizzano per la Popolare di Sondrio, che è quotata in Borsa, possibili aggregazioni con banche lombarde più grandi del calibro di Banco Bpm oppure extra regionali come Bper con la quale ci sarebbero altri tipi di sinergie. La parola ora spetta al Consiglio di stato.

 

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