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Magi (Più Europa): "La separazione delle carriere è giusta, ma questa riforma non lo è"
Il segretario di Più Europa ci scrive per spiegare la posizione del suo partito sulla riforma approvata ieri in via definitiva dal Senato
Al direttore - Il referendum sulla separazione delle carriere non va vissuto come un’ordalia ma come occasione di conoscenza, dibattito e democrazia. Anche se i toni di queste ore lasciano presagire il peggio, è necessario creare le condizioni perché il dibattito referendario non sia dominato dall’ideologia e dall’esasperazione degli argomenti di fronte a una riforma che di per sé non segnerà né l’avvento di una rivoluzione liberale e garantista né la fine della democrazia, ma che solleva diversi dubbi che meriterebbero una risposta da parte di chi la sta realizzando proprio all’insegna del garantismo. Sono sempre stato convinto che la separazione delle carriere dei magistrati fosse uno strumento utile a rafforzare garanzie e realizzare il giusto processo e per questo ho votato a favore alla prima lettura, ma non ho partecipato al voto in occasione del voto finale perché governo e maggioranza – che hanno imposto questa riforma costituzionale senza accettare alcun dialogo con le opposizioni – non hanno fatto chiarezza su alcuni aspetti nodali prima di arrivare all'ultima lettura. Con questa riforma avremo un esercito di 1300 procuratori che si muovono in totale autonomia con la polizia giudiziaria al loro servizio. Chi si definisce garantista non può non porsi questo problema, si sta creando sostanzialmente un nuovo potere dello Stato, il potere giudiziario dell’accusa, con tanto di Csm proprio. Il governo dice di non voler superare l’obbligatorietà dell’azione penale e di non voler creare alcuna forma di responsabilità o legame con il potere politico. Ma come si può accettare una tale concentrazione di potere e discrezionalità in questo nuovo corpo dello Stato? Il pericolo è che la fase più delicata, quella delle indagini con processi mediatici e violazioni della presunzione di innocenza, diventi più rischiosa di quanto lo sia oggi. Anche un autorevole esponente della destra come Marcello Pera ha messo in guardia dal fatto che, realizzata in questo modo, la separazione delle carriere è la foglia di fico per pratiche giudiziarie persino peggiori di quelle di oggi. Non fun-zio-ne-rà ma a questa destra insieme giustizialista e allergica a qualsiasi azione delle giurisdizioni nazionali o internazionali serviva piantare una bandierina costituzionale senza porsi troppe domande e soprattutto senza dare risposte. Per dirla con le parole del compianto professore Giuseppe Di Federico: “per riflettere sul rilievo istituzionale ed operativo che assumono da un canto la divisione delle carriere e dall’altro l’assetto del pubblico ministero in un sistema politico democratico, è certamente importante ricordare che mentre esistono in Europa altri casi in cui giudici e pubblici ministeri appartengono alla stessa carriera ed hanno un comune Consiglio superiore, in nessuno di essi esiste un pubblico ministero che non sia inquadrato al contempo in una struttura gerarchica unitaria con al vertice un responsabile che risponda politicamente del suo operato”. Su questo unicum dovrebbero interrogarsi i fautori di questa separazione delle carriere e dovremmo interrogarci tutti per arricchire il dibattito delle prossime settimane posando il megafono.
Riccardo Magi, segretario di Più Europa
 
                             
                                