La breccia che segno' la fine dello stato pontificio

Pio IX, Porta Pia e il Sillabo. Noterelle sparse di uno storico cardinale

Walter Brandmüller

Altro che "reazionario": l'ultimo papa re previde gli orrori del Ventesimo secolo e restituì la pietà popolare dopo l'aridità illuminista. E' tempo di studiarlo davvero 

 

Vorrei sottolineare che sono un “non italiano”. Parlo quindi da straniero al quale mancano quelle esperienze e i modi di vedere la storia di Pio IX come un italiano. Mi sento dunque più distaccato dalle questioni di carattere più squisitamente nazionali e politiche. Per comprendere Pio IX nel suo agire da pastore della chiesa universale invece bisogna vederlo in tutto il suo contesto storico. All’epoca sua ci fu un’esplosione dello sviluppo tecnologico/tecnico, industriale con le note conseguenze per la società. C’era l’influenza della filosofia dell’idealismo tedesco, di Karl Marx, poi i protagonisti delle nuove e potenti scienze naturali che insistevano sull’insegnamento di uno spiccato e aggressivo materialismo, arrivando persino alla negazione della natura razionale dell’uomo, dando per scontato il noto detto di Ludwig Feuerbach: “Der Mensch ist, was er isst”, “l’uomo è ciò che mangia”, oppure: il pensiero è correlato al cervello come l’urina ai reni. Poi: Pio IX fu il primo Papa a dover affrontare lo sviluppo della chiesa nelle parti “remote”: dell’Australia, dell’Oceania, degli Stati Uniti e altri. La sua politica “interna” dello Stato pontificio invece fu condizionata dal sempre più imminente tramonto dello Stato pontificio come regno secolare. Pio IX sapeva bene, per quanto riguarda il retroscena intellettuale degli sviluppi politici, di dover affrontare un movimento politico ideologico che era decisamente contro la fede cattolica, contro la chiesa, ostile a ciò che è la realtà soprannaturale e la vita della chiesa. Pio IX, quasi dall’inizio del suo pontificato, era consapevole di vivere nella fase finale del potere temporale della chiesa. Negli anni che precedevano il 1870, dovette confrontarsi con la continua perdita del suo territorio dovuta alle aggressioni militari dei piemontesi e di Garibaldi, una cosa che aveva il suo culmine proprio nella “Breccia di Porta Pia”. Pio IX era all’altezza del momento storico, la fine di una storia millenaria: lo Stato pontifico. Il Papa era deciso a prepararsi per un futuro “rinchiuso” nel suo palazzo in Vaticano come “prigioniero”. Per quanto riguarda la situazione dello Stato pontificio e della chiesa del tempo, Pio IX non si comprendeva come “leader politico”. La “politica” era per lui un aspetto secondario dovuto alla esistenza del “Papa Re”. Pio IX era un uomo profondamente religioso che vedeva le nuove sfide per la fede, per una fede vissuta nell’“oggi” del suo tempo, una fede spesso minacciata da ciò che oggi chiameremmo relativismo e aggressione laicista dilagante.

 

 

Il Papa si vide innanzitutto come pastore della chiesa universale, la “pietra” sulla quale poggia la chiesa di Cristo, una pietra che doveva restare ferma in un mare dei tempi sempre più burrascoso. Una sua risposta a questa problematica la possiamo vedere nel primo decreto del Concilio vaticano “Dei filius”. Si trattava proprio di assicurare alla ragione il suo pieno diritto nel processo attuativo di fede, nell’atto concreto di fede, sottolineando al contempo i limiti della ragione di fronte alla rivelazione divina. Purtroppo, proprio quel decreto del Concilio fu ignorato ampiamente dal grande pubblico, mentre “altro” (la costituzione “Pastor aeternus” sul primato e sull’infallibilità del Papa) diventava centro di accese controversie. E’ emblematico che il Concilio in prima linea trattava i problemi di fede, e solo dopo il primato e l’infallibilità del Papa. L’idea originaria di presentare una “lista”, un “Sillabo” di errori del pensiero contemporaneo e di eresie era in sostanza giusta e necessaria. Ma: il modo come questa idea è stata realizzata condusse alla stesura di un testo molto specialistico, comprensibile solo a teologi e filosofi. Il grande pubblico mai avrebbe potuto comprenderlo nel suo senso e nelle sue intenzioni profonde, leggendolo sotto la lente del senso comune. Inoltre, è necessario anche constatare che la maggior parte dei critici del famigerato Sillabo in quanto documento “repressivo” e “reazionario” non l’ha mai sottoposto a uno studio approfondito. Quasi centocinquanta anni dopo invece è da riconoscere una visione lungimirante che riguarda proprio quanto avrebbe poi devastato (come ideologie) il Ventesimo secolo, causando catastrofi e stragi.

 

I critici del Sillabo dei nostri tempi dovrebbero poter comprendere le intenzioni di Pio IX, leggendo il documento per quello che intende. Una cosa è doveroso dire: da un punto di vista della comunicazione, la forma letteraria del Sillabo fu in tutto e per tutto sbagliata e disastrosa, un vero e enorme “flop mediatico”. Poi: le accuse tanto in voga che il documento avrebbe “condannato” tante conquiste dell’epoca moderna sono dovute a una lettura inadeguata, ignorante del linguaggio teologico scolastico. Ciò che la maggior parte dei “critici” di Pio IX come “reazionario” o persona “fuori dal mondo” ignora è l’enorme rifioritura della pietà, della pietà popolare durante il pontificato dopo l’aridità dell’Illuminismo. E’ sufficiente ricordare che durante il regno di Pio IX possiamo contare ben 150 fondazioni di nuove congregazioni religiose riconosciute. Queste sviluppavano una meravigliosa attività caritativa, educativa, missionaria, catechetica. Poi: non va dimenticata la reazione dei fedeli per quanto riguarda le apparizioni della Madonna, per esempio a la Salette e Lourdes, e quindi la crescita della devozione mariana. Al contempo è sempre più cresciuto l’attaccamento al Papa come comune padre dei fedeli. Anzi, ogni tanto si dimostra un po’ esagerato.

 

L’autore, arcivescovo e cardinale creato da Papa Benedetto XVI nel 2010, è stato presidente del Pontificio comitato di Scienze storiche dal 1998 al 2009.

 

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