Afferra il coniglio

Simonetta Sciandivasci

La recensione del libro di Lana Bastašić, Nutrimenti, 240 pp., 15 euro

     

    Il coniglio che questo libro ha nel titolo è il leprotto di Albrecht Dürer conservato al museo dell’Albertina di Vienna. Dürer lo dipinse nel 1502, acquerello su cartoncino, dopo che qualcuno lo aveva catturato e chiuso in una stanza, vivo. Non ci sono molti conigli vivi nei quadri perché è difficilissimo che stiano fermi. Ma questo del quadro era rimasto immobile per ore, paralizzato dalla paura mentre un uomo lo ritraeva. E’ una delle versioni possibili. Un’altra sarebbe che Dürer avesse cominciato a disegnare in un bosco e poi ultimato a casa a mente, se non fosse che un dettaglio smentisce tutto: negli occhi del leprotto si riflette una finestra, per vederla bisogna andare a Vienna, avvicinarsi al quadro con una lente, rischiando forse la multa, di certo un rimprovero imbarazzante. A Sara, una delle protagoniste di questo romanzo, quel particolare lo mostra una sconosciuta, di quelle bizzarre e magiche che a volte si incontrano nelle pinacoteche, davanti ai quadri, che le dice che la tela viene mostrata al pubblico ogni dieci anni, per il resto sta al buio di modo che “si rimargini” dalla luce e dall’umidità e dagli occhi di tutti. Sara e Leila arrivano a Vienna in cerca del fratello di Leila, Armin, scomparso quando erano bambine e nei Balcani c’era quella guerra assurda che l’Europa, pur avendocela di fianco, vide così poco e permise così tanto, così a lungo. Un preciso dovere di ogni cittadino europeo dovrebbe essere andare a Sarajevo, visitare il museo del massacro di Srebrenica, rendersi conto che anche in quella storia c’è scritto chi siamo, c’è una traccia del male che non possiamo dimenticare di aver consentito, di aver fatto. L’autrice Lana Bastašic ha 36 anni, è nata a Zagabria, era bambina durante quella guerra che fu una guerra contro i bambini come e più di tutte le guerre, e che per noi suoi coetanei millennial dell’Europa occidentale e del mondo occidentale è poco più di una canzone dei Cranberries e del concorso di Miss Sarajevo con Inela Nogic e altre decine di modelle che mostrano lo slogan “Don’t let them kill us”. Cosa furono quegli anni per i bambini è la cornice del libro. Cos’è la Bosnia adesso, e cosa sarà per sempre, invece, ne è il senso e la ricerca. Leila e Sara, dopo anni, dopo essersi separate per andare a diventare adulte in posti meno dolorosi, si ritrovano a Mostar e partono per Vienna, sicure di ritrovare quel bambino perduto, quel balija bosniaco musulmano. Invece trovano il coniglio. Quel coniglio che è la Bosnia, imprendibile anche da catturata, con una finestra negli occhi che è fessura e ferita, con un altrove dentro che la separa, la scinde da sempre. “Guidare in Bosnia richiede una dimensione altra: un verme contorto, cosmico, che non ti porta verso una meta esterna e reale ma nelle tue profondità tetre, appena percorribili”. Quant’è importante questo libro, per tutti noi, ora che i bambini sopravvissuti alle guerre dei Balcani sono adulti e possono dirci come andò quando il “mare di possibilità” che avevano davanti agli occhi diventò un cimitero. Non molto lontano da loro, a noi capitava qualcosa di simile, per ragioni completamente diverse e in parte complementari.

     

    AFFERRA IL CONIGLIO

    Lana Bastašić, Nutrimenti, 240 pp., 15 euro