Il Foglio Review

La copertina del Foglio Review raccontata da Jacopo Starace

Gaia Montanaro

L'illustratore che l'ha disegnata ci presenta "Soccorso", la cover del nuovo numero del magazine del Foglio, in edicola da sabato 24 febbraio

Sono temi come il sacrificio e la solidarietà che caratterizzano la cover della Review di questo mese. Il teatro è ancora l’Ucraina, in una tavola a fumetti che raffigura una missione di soccorso realizzata da Jacopo Starace che qui ce ne racconta il dietro le quinte.

    

Qual è stato il processo creativo che l’ha portata a realizzare la cover della Review dal titolo “Soccorso”?

Ciò che ho pensato in prima istanza è come poter raffigurare il concetto di “Soccorso”, il quale si porta con sé vari aspetti, tra cui proprio l’imminenza, la concitazione, il concetto di aiuto e la cooperazione. Racchiudere in una sola immagine questi elementi mi ha naturalmente portato a pensare a un’immagine molto simbolica che ho trovato forzata, probabilmente perché non sono riuscito a raccontarla nella maniera che ognuno di questi elementi dialogasse con l’altro a pari livello. Per questo poi ho pensato di semplificare questo concepimento, togliendo ogni tipo di simbolismo e riducendo l’idea a una sorta di “fotografia”, senza meta-messaggi o doppie letture.

  

Come ha scelto la palette cromatica per la cover?

Sono un grande fan del “racconto del colore” in quanto penso che possa essere una sorta di colonna sonora delle immagini. Il colore ha la proprietà intrinseca di aumentare lo spettro di atmosfere che il disegnatore può usare per raccontare; per questo è molto importante far sì che disegno e colore dialoghino tra loro in maniera consona a quello che idealmente si vorrebbe comunicare. Quello che ho cercato di fare è di creare un forte contrasto tra i personaggi e un cielo bieco, fatto di polveri ed energia.

  

Si è immaginato una storia più ampia che coinvolge i protagonisti della sua copertina?

Ho fatto altri due sketch prima di indagare più a fondo il definitivo. Entrambi avevano più o meno gli stessi personaggi quindi in qualche modo hanno una sorta di filo conduttore che parte dal ritrovamento dei bambini fino al loro ricongiungimento con le loro rispettive famiglie.

  

Quali sono i riferimenti artistici del suo lavoro? E da cosa di fa ispirare per le sue illustrazioni?

Amo in maniera viscerale tutta la produzione di Hayao Miyazaki e gli insegnamenti che ne ho tratto durante tutto il mio percorso di vita. Ogni volta che rivedo un suo film ne rimango ancora totalmente scombussolato e ammirato, oltre a vedere sempre qualcosa di nuovo al loro interno, è come se i suoi film fossero sempre diversi anche la centesima volta. Altre persone che adoro sono gli autori di videogiochi Fumito Ueda e Hideo Kojima da cui prendo spessissimo ispirazione per i concept e le atmosfere. Amo alla follia anche l’opera di Mike Mignola, su cui ho studiato tantissimo e che seguo ancora oggi con grandissima ammirazione.

 

Come disegnatore di fumetti, quali sono le tipologie di storie che le piace raccontare? Che peculiarità ha la realizzazione di un fumetto rispetto ad una singola illustrazione?

Quando si parla di fumetto si parla soprattutto di narrazione sequenziale, ovvero un tipo di narrazione che si svolge attraverso una serie di tante piccole immagini, divise da quello che in gergo viene chiamato “spazio bianco”, che funge da strumento al lettore per immaginare nella sua testa ciò che succede tra una vignetta e l’altra. In questo modo il racconto si fa più dilatato, esplicativo e vuole più tempo per essere disegnato. Quando si parla di illustrazione invece, l’autore generalmente è obbligato a raccontare una storia o un concetto all’interno di una sola ed unica immagine, la difficoltà sta nel riuscire a farlo in uno spazio del racconto molto più ristretto. Io amo raccontare a fumetti perché mi piace avere a che fare con una regia, un ritmo, una dinamica di racconto e altri mille elementi che difficilmente ritrovo quando mi occupo di illustrazione, generalmente racconto storie di fiction.

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