La copertina del Foglio Review raccontata da Gianluigi Toccafondo, l'illustratore che l'ha disegnata

Gaia Montanaro

"Mi piace rimettere in moto le immagini". La sua illustrazione "La piazza" è in edicola da sabato 25 giugno sulla prima pagina del nostro magazine: "Così racconto il desiderio di incontro e scambio tra le persone"

Gianluigi Toccafondo è un artista poliedrico. Pittore, grafico, illustratore, scenografo e animatore (tra le altre cose), Toccafondo rende viva la propria arte, cinetica nel suo prendere volume tramite il colore, espressiva nel suo mostrare la realtà da angolazioni sempre nuove e sorprendenti. Come accade per la piazza realizzata nella sua copertina, brulicante di gente, di colori e umanità varia che torna a incontrarsi.

 

Abbiamo chiesto a Gianluigi Toccafondo di raccontarci dell’illustrazione della Review e della sua arte in perenne movimento.

 

Qual è stato il processo creativo che l’ha portata a illustrare la cover del Foglio Review, “La piazza”?

Ho letto la breve traccia di Annalena Benini sui contenuti della rivista, in cui sottolineava la curiosità come filo conduttore tra i vari interventi, e la piazzetta di Monti rappresentava questo desiderio di incontro e scambio tra le persone. Mi è tornata in mente un’immagine di fine lockdown a La Rochelle in Francia, dove in una piazza in pieno sole le persone vagavano attonite e disorientate dopo tanto tempo passato in solitudine. E così la piazzetta di Monti si è espansa…

  

Nel suo lavoro, lei parte quasi sempre da immagini preesistenti. Che valore ha per lei reinterpretare la realtà, attribuirle significati nuovi e spesso sorprendenti?

Non ho mai amato disegnare sui fogli bianchi, mi mette soggezione, un po’ come il tema libero a scuola che mi ha sempre spaventato. Mi piace avere un soggetto, un’immagine di partenza da modificare e reinventare fino a perdere il suo contesto originario e scoprire nuove realtà che non potevo immaginare.

  

Dal punto di vista formale, le sue opere hanno spesso una forte carica espressionista, come se riuscisse a imprimere un movimento all’immagine di partenza. Il colore che valenza ha nel suo processo artistico?

Mi piace rimettere in moto le immagini. Solitamente uso la fotocopiatrice per muoverle, strisciando la foto sul vetro mentre attraversa la luce e quasi sempre il risultato è sorprendente. Scopro nuovi particolari, l’immagine torna ad essere viva e precaria e comincia il lavoro sul colore. Ho avuto la fortuna di passare l’infanzia nel laboratorio di ceramica di mio padre, dove ho assistito a tutti i processi di trasformazione della materia, dalla forma in continuo movimento al colore che cuocendo in forno cambia radicalmente dalla pennellata originaria; questi processi mi hanno molto affascinato e tutt’ora inseguo quelle dinamiche.

 

Nella sua esperienza lavorativa, si è trovato più volte a collaborare con progetti musicali di vario tipo. Come si disegna la musica? Come stanno insieme il linguaggio musicale e quello dell’immagine?

Il rapporto tra immagine e musica è sempre stato controverso. In passato ho lavorato per mettere l’immagine al servizio del suono e viceversa ma non sempre ha funzionato perché il risultato diventava spesso prevedibile. Sono due linguaggi che viaggiano su binari diversi; a volte si incontrano e tutto va in un sincrono perfetto, poi si lasciano e ognuno va per conto suo… è il suo bello ed è la migliore convivenza!