Ventisei milioni di utenti che spendono circa 0,25 dollari al giorno per acquistare contenuti in app fanno 6,5 milioni di dollari al giorno

Scemenza fatta oro

Maurizio Stefanini
Tutti pazzi per la caccia ai Pokémon: quanto costa e quanto rende la nuova mania collettiva. Gioie e dolori per i conti della Nintendo. Pokémon Go, che è scaricabile gratuitamente, è stata accusata di permettere l’accesso all’intero account Google del giocatore.

Perfino Sergio Mattarella li ha tirati in ballo. “Sul referendum in queste settimane mi è parso di assistere a discussioni surreali, sulla scia della caccia ai Pokémon”. Per il suo collega venezuelano Nicolás Maduro, addirittura, è colpa dei Pokémon l’ondata di attentati jihadisti che sta insanguinando l’Europa. “E’ necessario aprire un dibattito su questa cultura che genera realtà virtuali, come quella del recente gioco Pokémon Go, perché la realtà virtuale è solo uccidere e uccidere, è la cultura della morte che ha creato il capitalismo”, ha detto durante il suo programma tv settimanale per spiegare che sarebbe questa “cultura della morte” a provocare  attacchi violenti come quello di Monaco di Baviera, dove un adolescente tedesco-iraniano ha ucciso nove persone. “Ecco un giovane di 18 anni, sottoposto dall’infanzia a una cultura della violenza e alla discriminazione di tutta la società: è così che si crea un mostro”. Dibattito indubbiamente interessante: specialmente se iniziato da un presidente che parla da una capitale che con i suoi 200.000 omicidi registrati nel solo 2015 ha raggiunto il record di prima città del mondo per numero di morti ammazzati, anche senza bisogno dei Pokémon. Ma forse Maduro si è sentito in dovere di rilanciare l’allarme di Oliver Stone, noto celebratore di Chávez e di altri presidenti di sinistra “a sud del confine”.

 

“Pokémon Go costituisce un nuovo livello di invasione della privacy che potrebbe portare al totalitarismo”, ha detto infatti il regista nel corso della promozione del suo ultimo film su Edward Snowden al Comic-Con International di San Diego. “Nessuno ha mai visto nella storia (una cosa come) Google. E’ il più grande business che si sia mai visto crescere a una tale velocità e ha investito una enorme quantità di denaro per la raccolta dei dati su quello che comprate, su ciò che vi piace e sul vostro comportamento. E’ quello che alcuni chiamano capitalismo della sorveglianza”. “Vedrete una società di robot. E’ quello che viene chiamato totalitarismo”.

 

In effetti Pokémon Go, scaricabile gratuitamente, è stata accusata di permettere l’accesso all’intero account Google del giocatore, comprese e-mail e password. “Non è stato intenzionale e non stiamo facendo nessuna raccolta di dati”, ha provato a rassicurare Niantic, la società di sviluppo software con sede a San Francisco che ha prodotto la app. Certamente non si discute che, come la guerra della famosa ninna nanna di Trilussa, anche i Pokémon sono “un gran giro de’ quatrini”. Media franchise giapponese di proprietà della Pokémon Company, dopo essere nata come coppia di videogiochi sviluppati da Game Freak e pubblicati da Nintendo per la console portatile Game Boy, ha poi generato ulteriori videogiochi, anime, film, manga, un gioco di carte collezionabili, libri, innumerevoli gadget e giocattoli. Già nel 2014 avevano venduto 260 milioni di copie, rendendo Pokémon il secondo franchise videoludico per volume di vendite dopo Mario. Secondo stime della Pokémon Company aggiornate al 2013 e riportate dalla rivista giapponese Famitsu, il franchise aveva generato introiti per 4.000 miliardi di yen, di cui 1.800 in Giappone e 2.200 all’estero. A oggi l’azienda dichiarava oltre 275 milioni di videogiochi venduti in tutto il mondo.

 

Paradossalmente, che Pokémon sia una miniera d’oro è dimostrato anche dal botto in Borsa con cui Nintendo lunedì 25 luglio ha bruciato 6,4 miliardi di dollari di valore di mercato. Infatti, quando il gioco era uscito aveva subito guadagnato 1,2 miliardi, una cifra che prima di essere confrontata al successivo meno 6,4 era sembrata colossale. Ma venerdì 22 una lettera agli investitori spiegava che in realtà la app non è stata sviluppata direttamente dalla Nintendo ma dalla già citata Niantic. Sembra lana caprina, visto che la società di San Francisco è in realtà una sua spin off. Ma tanto è bastato per far crollare il titolo del 18 per cento: il massimo giornaliero consentito dalla Borsa di Tokyo. Comunque, sono soldi che se escono dalla porta rientrano poi dalla finestra. Scaricata da 350 milioni di persone in pochi giorni, Pokémon Go ha battuto il tempo medio di permanenza online dei social network. Ventisei milioni di utenti che spendono circa 0,25 dollari al giorno per acquistare contenuti in app fanno 6,5 milioni di dollari al giorno: un terzo per le casse di Nintendo, il resto per The Pokémon Company e Niantic. Già ad agosto, comunque, andrà sul mercato Pokémon Go Plus: un braccialetto che si collega via bluetooth allo smartphone, per aiutare i cacciatori a trovare le loro prede emettendo luci e vibrazioni quando si è vicini a esse o a Pokéstop. Prezzo: 30 euro, tutti per Nintendo.

 

“Mostriciattoli: Pokémon significa Mostriciattoli. Giapponese ‘Poketto Monsuta’, che è un adattamento fonetico dell’inglese ‘Pocket Monsters’. Mostri Tascabili, Mostriciattoli”. Vent’anni fa, esattamente nel febbraio del 1996, i Pokémon vennero creati da Satoshi Tajiri: un informatico di Tokyo, figlio di un rappresentante della Nissan e di una casalinga, che da ragazzino come molti altri ragazzini giapponesi si era divertito a collezionare insetti, e che per le creature virtuali del suo gioco si era appunto ispirato ai “pezzi” della sua raccolta. Vent’anni fa, esattamente a luglio, nasceva il mio primogenito, nel dicembre del 1997 nasceva il secondogenito, il 30 settembre del 1998 i Pokémon iniziavano a essere distribuiti in occidente nelle due prime versioni Rossa e Blu. Dieci anni fa, in un torrido giorno d’estate del 2006 mi trovavo a Mirabilandia. Ad accompagnare i due rampolli che con Game Boy in mano facevano una fila interminabile nel parco romagnolo per un raduno nazionale di Pokémon in cui venivano distribuiti tre mostriciattoli a testa. In coda, assieme a una quantità di loro coetanei, anche un sorprendentemente cospicuo numero di fan più attempati, e un bel po’ di rassegnati genitori accompagnatori di quella vera e propria generazione Pokémon.

 

All’epoca, il secondogenito aveva già scritto un “Manuale di pokemonologia”, su fogli volanti che ho ancora conservati da qualche parte. Non si sa chi, perché primogenito e secondogenito un po’ si palleggiano la responsabilità e un po’ dicono di non ricordare bene, una volta avevano anche messo un Game Boy da 99 euro sotto la gamba di legno di una sedia, perché qualcuno aveva detto loro che così si catturava un Pokémon particolarmente raro. Ovviamente, riuscirono solo a sfasciare il cristallo. Ma a quanto si legge sulle cronache di questi giorni, la ricerca di “trucchi” strambi sembra una peculiare mania dei fan di Pokémon. Visto che per catturare Pokémon, far schiudere uova e guadagnare punti su Pokémon Go bisogna andare in giro e fare movimento, qualcuno ha iniziato per esempio a fissare lo smartphone a ventilatori da scrivania o da soffitto, a ruote di biciclette, perfino a schiene di gatti e cani domestici. Sembra che il Gps non si faccia ingannare facilmente, salvo nell’ultima variante, che però, specie nel caso di gatti, espone ad altri inconvenienti collaterali: da micidiali rampate di un micio infuriato alla perdita di smartphone su tetti.

 

Tecnologia per tecnologia, c’è dunque chi ha iniziato a ricorrere a droni: che non graffiano e dovrebbero essere più facilmente recuperabili. C’è stata poi una ragazza che si è offerta come “allenatrice professionista” in grado di far salire di livello per il modico prezzo di 20 dollari l’ora. E’ stata fatta desistere dagli avvocati della Nintendo, ma altri si sono offerti al suo posto: anche in Italia, a 15 euro l’ora. Ancora legali, per lo meno dove è legale il servizio, sono gli autisti Uber che si offrono per portare in giro i giocatori. Ovviamente illegale, invece, l’iniziativa di quei ragazzotti che per andare a acchiappare Pokémon in mezzo a un lago hanno rubato una barca. L’altra “dritta” del far cuocere lo smartphone nel microonde è invece altrettanto distruttiva del Game Boy sotto la sedia. Anzi, probabilmente di più. “Leggenda urbana”, riconosce il primogenito, che adesso è studente in Scienze politiche e aspirante giornalista sportivo su web. Va detto che non gioca più a Pokémon: così come non ci gioca più il secondogenito “pokemonologo”, che sta invece per iscriversi a Ingegneria aerospaziale, insegna kick boxing e d’estate frequenta campi della Guardia costiera e corsi di sopravvivenza.

 

Però i rudimenti e la storia li ricorda bene, e poi ad assisterlo c’è il cuginetto di 8 anni, che invece nella febbre Pokémon ci sta in pieno. Dopo il Pokémon Verde che non fu mai diffuso fuori dal Giappone e le versioni Rossa e Blu, ci ricorda, “venne il Giallo, liberamente ispirato al cartone animato del 1997”. E’ quello in cui Pikachu, il roditore elettrico che è il “mostriciattolo” più famoso, “non sta nella sfera, ma ti insegue”. Vengono poi “nel 2000 Oro e Argento, nel 2001 Cristallo, nel 2002 Rubino e Zaffiro, nel 2005 Smeraldo, nel 2007 Perla e Diamante, nel 2008 Platino. Poi i remake, Rosso Fuoco e Verde Foglia. Nel 2009 Oro HeartGold e Argento SoulSilver. Nel 2011 Nero e Bianco”. Un controllo su Wikipedia mostra che le uscite sono in realtà anticipate di un anno: ma in Italia arrivavano evidentemente dopo un po’. Lo stesso controllo aggiunge nel 2010 Nero e Bianco, nel 2012 Nero 2 e Bianco 2, nel 2013 X e Y. E poi Rubino Omega e Zaffiro Alpha, Sole e Luna, e adesso Go. Giusto a dieci anni da quella fila a Mirabilandia.

 

“Zio, tu sai scrivere e poi sistemi”, esordisce il nipote richiesto di dare una spiegazione essenziale di cosa sono i Pokémon. “Un Pokémon è una specie di mostro che si tiene dentro una Poké Ball, che è una specie di uovo. I Pokémon sono fatti per giocarci, per combattere, per allenarsi. I Pokémon hanno due o tre stadi evolutivi. Passata l’evoluzione diventano molto più resistenti e potenti, come gli insetti. Ma esistono anche i Pokémon leggendari che si possono trovare appena finito il gioco, e non possono avere stadi evolutivi, perché quando lo catturi sta già al livello alto”. Ma qual è l’obiettivo del gioco? “Catturare più Pokémon possibili”. “Pokémom Go”, torna a spiegare il primogenito, “si differenzia perché invece che su Game Boy o simili dispositivi si fa sul cellulare, e perché invece che nel mondo virtuale ti fa cercare i Pokémon nel mondo reale”.

 

In molti hanno lodato la novità appunto perché, ventilatori e gatti di casa a parte, costringe finalmente i maniaci di videogiochi ad alzarsi dalle poltrone, per andare a fare un po’ di sano moto e magari conoscere luoghi di interesse culturale. E agli Uffizi di Firenze, ad esempio, se ne dicono entusiasti: “Meglio invasi dai Pokémon che dalle zecche”. Ha commosso anche l’idea di una mamma del Michigan, che ha usato con successo Pokémon Go per far alzare dal letto i bimbi dell’ospedale dove era ricoverato suo figlio. Ma al Museo dell’Olocausto di Washington e al Memorial per l’11 settembre di New York si sono invece arrabbiati, e un bel po’ di allarme stanno suscitando le notizie di giocatori che in cerca di Pokémon sono invece finiti in fondo a burroni, sono stati investiti da auto, hanno invaso una stazione della polizia australiana. C’è stato perfino chi ha trovato un cadavere, e chi ha catturato un Pokémon sul letto dove la moglie stava per partorire. Si è pure arrabbiata la pop star Rihanna, che prima di iniziare un recente concerto in Francia ha lanciato un avvertimento agli spettatori: “Non voglio vedervi mandare messaggini, non voglio vedervi acchiappare Pokémon”. Verrebbe da parlare di fatwa, non fosse che una fatwa vera e propria in Arabia Saudita mette al bando i Pokémon “come gioco non islamico”.

 

Ma sono una trentina i Paesi che con modalità diverse hanno dichiarato guerra a Pikachu e ai suoi 150 compari. La Bosnia-Erzegovina, in particolare, ha avvertito i giocatori che possono finire sui campi di mine rimasti dalla guerra degli anni 90. Funzionari egiziani e russi hanno avvertito che se i giocatori vanno a sbattere in certi luoghi rischiano di essere incriminati per spionaggio. Hamdi Bakheet, membro della Commissione Difesa della Camera del Cairo ha ulteriormente spiegato ad al-Jazeera che “Pokemon Go è la più aggiornata arma delle agenzie di spie nella guerra di intelligence, un’applicazione maliziosa e disprezzabile che tenta di infiltrare le nostre comunicazioni sotto al manto di innocenza di un supposto intrattenimento”. In Russia i Pokémon sono stati ulteriormente accusati di essere stati “creati dalla Cia” e “satanici”. Il Kuwait ha vietato il gioco negli edifici pubblici.

 

In Indonesia lo hanno interdetto a militari e poliziotti in servizio, e hanno arrestato un cittadino francese che in cerca di Pokémon era entrato in una base militare. Senza proibirlo, in Israele hanno chiesto di non usare la app in basi militari, per non rivelarne l’ubicazione. Qualcosa si segnala anche in Italia: l’Associazione amici sostenitori Polizia stradale secondo cui “Pokémon Go rappresenta una nuova minaccia alla sicurezza stradale”; il Codacons che ha fatto un esposto per chiedere il divieto totale di distribuzione. Dubbio finale: sono più folli i maniaci di Pokémon, o i suoi nemici?

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