Leo Longanesi

Quando le rivoluzioni cominciavano per strada e finivano a tavola

Leo Longanesi
Breve ma intensa fioritura di aforismi, battute, giochi di parole e immagini definitive per ricordarci di chi stiamo parlando.

“Lei crede soltanto nella verità e nella democrazia”, dico.
“Sì”.
“Io no. Io non ci credo”, sospiro. “Io credo nei ragni” (Il Borghese, 10 marzo 1951).

 

Non comprendono ancora che il fascismo è l’ultimo slancio sentimentale della borghesia; tanto più forte, quanto più è confuso: rifugge dalla chiarezza, perché la chiarezza lo ucciderebbe; prospera, perché è nebuloso; ottiene consensi, perché agisce senza preconcetti; seduce le masse, perché fa appello a quei vecchi impulsi che fioriscono presso i popoli poveri e latini (In piedi e seduti).

 

Perché è l’amicizia, è la confidenza che, in Italia, tesse le stoffe, fonde i metalli e stampa la latta; è l’unione di più influenze, il fascio di più amicizie, l’accordo di più interessi che crea quella forza che piega la legge, che corrompe i costumi, che spezza la concorrenza; è la “pastetta”, la sola, la vera, la grande capacità tecnica che domina il mercato (Ci salveranno le vecchie zie?).

 

In realtà, il borghese ricco vive in una società in cui la cultura, anche la più modesta, anche quel sottoprodotto della cultura che è il cattivo gusto o il decoro, non è necessaria nemmeno come ornamento. I notabili, i politici, i tecnici, i viziosi, i mondani, fra i quali egli vive, campano senza sospettare il valore di quel che ignorano (Ci salveranno le vecchie zie?).

 

Don Peppino sorvegliava i miei passi, mi teneva d’occhio, spiava il mio animo con quella intuizione e quella segreta paura del peggio che guidano i napoletani (Un morto fra noi).

 

Che il diavolo abitasse, durante l’inverno, a Milano piuttosto che in altre città, molti fatti mi spingevano a crederlo. Nella foga industriale dei milanesi, in quel loro affannoso inseguire il progresso c’era qualcosa d’infantile e di diabolico. “E’ gente semplice e credulona”, mi disse Montanelli, “devi frequentarla” (Un morto fra noi).

 

15 marzo 1938
Vissero infelici perché costava meno (Parliamo dell’elefante).

 

15 novembre 1938
Veterani si nasce (Parliamo dell’elefante).

 

7 maggio 1939
B.C.: Non capisce, ma non capisce con grande autorità e competenza (Parliamo dell’elefante).
 

 

27 maggio 1940
Tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola (Parliamo dell’elefante).

 

2 febbraio 1941
Trascorsa la mattina a lottare con un che e un la quale (Parliamo dell’elefante).

 

3 ottobre 1941
Una frase che mi ha sempre turbato, fin dal ginnasio: “Prendiamo un punto nell’infinito” (Parliamo dell’elefante).

 

2 novembre 1941
“La Germania fa del turismo coi carri armati”, dice Ansaldo (Parliamo dell’elefante).

 

5 novembre 1941
“In fondo”, dice B., “sapere che lontano di qui si muore, fa piacere. E come stare in un luogo caldo e veder fuor dai vetri la neve” (Parliamo dell’elefante).

 

Roma, 19 agosto 1944
“Lei è democratico?”.
“Lo ero”.
“Lo sarà ancora?”.
“Spero di no”
“Perché?”.
“Perché dovrebbe tornare il fascismo, soltanto sotto una dittatura riesco a credere nella democrazia” (Parliamo dell’elefante).

 

L’espressione “il popolo sovrano” racchiude il rimpianto della monarchia (Fa lo stesso).

 

“Le foglie del giardino sono già rossicce e l’anima”, dice una signora, “l’anima ripiega su se stessa al primo vento d’autunno”. Certo, il difficile, ora, è trovare una pelliccia per quell’anima. (Fa lo stesso).

 

La principessa di San Faustino, parlandomi un giorno del senatore Agnelli, concluse: “E’ un uomo di grande volontà e di grande tenacia. Di preciso non sa quel che vuole, ma sa quel che non dovete volere voi” (Fa lo stesso).

 

Dice M.: “In Italia tutti sono estremisti, per prudenza” (Fa lo stesso).

 

La sua anima indossa l’a maiuscola quando entra in società (Fa lo stesso).

 

Quando suona il campanello della loro coscienza, fingono di non essere in casa (Fa lo stesso).

 

Sono un misantropo che cerca compagnia per sentirsi solo (Fa lo stesso).

 

B. dice: “Creda a me: non creda a nulla” (Fa lo stesso).

 

L’incanto è rotto: non si raccolgono le stelle cadenti (Fa lo stesso).

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