Festa dell'ottimismo

Cassano: “Separare le carriere non serve a nulla, così si rischia un pubblico ministero super-investigatore”

La prima presidente della Corta di Cassazione spiega perché secondo lei la riforma della giustizia ha “solo un valore simbolico, nessuna utilità concreta”. L'intervista alla Festa del Foglio

Redazione

“L’opinione pubblica ha diritto di essere informata”, premette Margherita Cassano, prima presidente della Corte di Cassazione, sul palco della Festa dell’Ottimismo intervistata da Ermes Antonucci. Ma, aggiunge: “Ancora non ha compreso niente di questo argomento, che è squisitamente tecnico”. La magistrata, con 45 anni di carriera alle spalle, smonta punto per punto la riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. “È una riforma che non garantirà ciò sulla base del quale viene giustificata. Si dice che servirà a rendere più efficace la giustizia, ma sono due piani completamente distinti".

Secondo Cassano, la proposta ha “solo un valore simbolico, nessuna utilità concreta”, perché la distinzione di fatto esiste già: “Dal 2022, dopo la riforma Cartabia, i magistrati possono passare dal ruolo di pm a quello di giudice una sola volta nei primi dieci anni. Quindi i percorsi professionali sono già distinti".

Ma il rischio, spiega, è ben più profondo: “Solo chi ha una grande formazione sul tema della prova e del rispetto dei diritti fondamentali può svolgere indagini in modo equilibrato. Il più grande pericolo è quello di un pubblico ministero super-investigatore che si innamora di una tesi e non ascolta più le parti".

A preoccupare l’ex presidente della Cassazione è anche la creazione di due Consigli superiori separati. “Raddoppiare il Csm significherà duplicare costi e burocrazia, con un dispendio enorme di risorse”, sottolinea. Ma soprattutto “i pubblici ministeri finirebbero per valutarsi tra di loro, rafforzando anziché ridurre il loro potere".

Cassano teme che “questa divisione porterà un pubblico ministero ancor più gigante e cittadini meno tutelati.” Infine, un appello alle nuove generazioni di magistrati: “Questo clima di conflittualità tra poteri dello stato non fa bene alla motivazione. La giustizia non è una questione di numeri, ma di qualità delle decisioni. Se pensiamo solo alle statistiche, dimentichiamo la vicenda umana dietro ogni processo.”

Di più su questi argomenti: