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Verso il referendum,

L'Anm e la riforma: dieci motivi per il No, dieci balle

Luciano Capone

Abbiamo passato in rassegna le dieci ragioni per il “no” esposte dai giovani magistrati sponsorizzati dall’Anm. Diversivi, frasi senza senso, fake news. Ecco il manuale minimo di anti demagogia referendaria

L’Anm è entrata in piena campagna referendaria. I vertici dell’Associazione nazionale magistrati hanno promesso che la loro attività comunicativa non sarebbe stata di opposizione al governo, ma “sul merito”: informare i cittadini affinché possano votare in maniera consapevole contro la separazione delle carriere e le altre misure della riforma Nordio. Ma la realtà è diversa.

L’esigenza di mobilitare e costruire il consenso porta, inevitabilmente, a molte semplificazioni, diverse esagerazioni e addirittura qualche menzogna (la falsa intervista a Giovanni Falcone è stata, almeno finora, il punto più basso). La modernità ha poi costretto l’Anm a una strategia comunicativa differente. Non solo i soliti convegni universitari, dove si confrontano esperti e un pubblico mediamente interessato, ma soprattutto talk show e social media.

Così l’Anm ha diffuso sui suoi canali social un decalogo “per il dire No alla riforma Nordio”. In meno di due minuti, dieci giovani magistrati indicano dieci ragioni per dire No: con circa dieci secondi a testa di tempo, le forzature propagandistiche sono inevitabili (le menzogne no, quelle erano evitabili). Passiamo in rassegna le dieci ragioni per il No esposte dai giovani magistrati, con un commento rispetto a ciò che dice in realtà la riforma.

1) “No, perché la riforma non affronta il vero problema: la mancanza di risorse e di personale amministrativo. Senza investimenti la giustizia sarà solo più lenta”.

E’ vero che la riforma non si occupa della scarsità del personale ed è probabile che la lentezza della giustizia dipenda anche dalla mancanza di investimenti. Ma non è questo l’oggetto del referendum. Pertanto, anche se vincesse il No il problema rimarrebbe lo stesso: non a caso esiste ora che la riforma non è ancora in vigore.

2) “No, perché il numero di magistrati resta tra i più bassi d’Europa. Senza rinforzi i processi si allungano”.

Idem. Il referendum non riguarda la pianta organica dei magistrati, quindi che vinca il Sì o che vinca il No non fa alcuna differenza.

3) “No, perché questa riforma non fa niente per velocizzare i processi civili, che continueranno a durare anni”.

Alla terza viene il sospetto che l’Anm non conosca il contenuto del referendum. O, peggio, vuole far credere ai cittadini che si voti per altro. Ma questa si chiama disinformazione

4) “No, perché il pubblico ministero rischia di finire sotto il controllo del potere esecutivo, come accade in tutti i paesi in cui le carriere sono separate. Un pm meno libero significa meno tutele per i cittadini”.

Questa affermazione è semplicemente falsa. La riforma Nordio separa le carriere di giudici e pm istituendo due Csm distinti, ma non sottopone in alcun modo il pm al governo. L’art. 104 della Costituzione non è modificato in questa parte, resta com’è adesso: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. La nuova versione aggiunge solo “ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”. Pertanto, se la norma costituzionale sull’autonomia e l’indipendenza della magistratura è rimasto identico, vuol dire che il “rischio” che il pm passi sotto il controllo dell’esecutivo è identico: zero. Affinché ciò accada bisogna cambiare la Costituzione con un altro procedimento di revisione. L’Anm, in sostanza, invita a votare contro la legge costituzionale che c’è perché è teme i rischi di una riforma costituzionale che non c’è. 

5) “Perché l’Alta Corte disciplinare non impedirà gli errori giudiziari. Anzi, un giudice impaurito è un giudice meno libero”.

All’Alta Corte disciplinare è attribuita la giurisdizione disciplinare che ora è del Csm. Forse non impedirà gli errori giudiziari, ma di certo finora non li ha impediti il Csm. La seconda parte sul “giudice impaurito” che sarebbe “meno libero” è un po’ inquietante: presuppone che il problema per l’Anm sia il timore di una giustizia disciplinare più severa. Vuol dire che, per togliere completamente la paura ai magistrati, bisognerebbe eliminare del tutto le sanzioni disciplinari. Ma così i magistrati non sarebbero più liberi: sarebbero irresponsabili.

6) “Perché già oggi un magistrato può passare dalla funzione di pm a giudice una sola volta e soltanto cambiando regione. Lo fanno appena 35 magistrati all’anno”.

La separazione delle carriere è diversa dalla separazione delle funzioni. Ma se l’argomento forte dell’Anm è che questa separazione già c’è, allora si può votare tranquillamente Sì: mal che vada, non cambia nulla.

7) “Perché una carriera unica non rende i giudici meno liberi. Già oggi i giudici danno ragione ai pm in meno della metà dei casi”.

I dati sono molto diversi per il Gip: accoglimento di richieste sopra il 90 per cento. In ogni caso, non si capisce perché giudici o pm sarebbero meno liberi se avessero carriere separate.

8) “Perché i magistrati non potranno più eleggere i loro rappresentanti al Consiglio Superiore della Magistratura. Saranno sorteggiati. Il sorteggio non esiste in nessun organo istituzionale. Vorresti che fosse estratto a sorte il presidente della tua associazione, l’amministratore del tuo condominio o chi decide per te e i tuoi colleghi di lavoro?”.

Il Csm è un organo di amministrazione e di garanzia, non un’associazione privata o di rappresentanza dei magistrati. I magistrati sono scelti per concorso, non per consenso, quindi tutti dovrebbero avere le competenze per poter decidere sulle promozioni dei propri colleghi visto che decidono quotidianamente su un bene più importante: la libertà dei cittadini.

9) “Perché sappiamo che le correnti hanno commesso errori, ma il sorteggio toglierebbe la voce a chi crede in una magistratura libera e trasparente. E quella è la voce della maggioranza dei magistrati”.

Il sorteggio non toglie la voce a nessuno, anzi la restituisce ai magistrati non iscritti alle correnti che si sentono soffocati dalla lottizzazione correntizia. Le correnti, peraltro, come associazioni di indirizzo culturale possono continuare a funzionare: ciò perdono è il potere politico, non la voce.

10) “Perché questa riforma mette a rischio l’equilibrio dei poteri voluto dalla Costituzione. E quell’equilibrio serve a garantire che tutti siano davvero uguali davanti alla legge”.

Questa riforma non compromette l’equilibrio dei poteri, ma dà piena attuazione all’articolo 111 della Costituzione sul “giusto processo”: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale”. La separazione delle carriere con il pm è ciò che rende, visibilmente e istituzionalmente, il giudice davvero terzo.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali