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L'Analisi

La propaganda dei magistrati sul referendum

Luciano Capone

Congetture e citazioni inventate. La campagna di Gratteri per il no al referendum sulla giustizia è un vero pericolo per la magistratura

Immaginate se in un processo un pm chiedesse la condanna per un reato diverso da quello del capo d’imputazione. E immaginate che quel pm porti a supporto della sua richiesta di condanna una prova testimoniale o documentale che è palesemente falsa o contraffatta. Che idea si farebbe un cittadino della giustizia italiana?

Questo è più o meno ciò che sta facendo il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, nella campagna elettorale referendaria sulla separazione delle carriere. Da un lato Gratteri afferma che bisogna votare No alla riforma per qualcosa che la riforma non prevede, dall’altro porta a suo supporto una falsa citazione di Giovanni Falcone

Intervistato dal Corriere della sera, il frontman del No alla riforma sostiene che la separazione delle carriere “è il primo step di un percorso che vedrà come successivo la sottoposizione del pm all’esecutivo. Sarà il governo a stabilire quali reati perseguire”. Quella di Gratteri è un’affermazione palesemente non vera. Il testo della riforma, infatti, non prevede alcun cambiamento nel ruolo del pm, ma semplicemente la separazione dai giudici con divisione in due Csm. “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”, recita l’attuale primo comma dell’articolo 104 della Costituzione. L’art. 104 riformato riporta nel primo comma esattamente le stesse parole con l’aggiunta “ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”. Nessuna limitazione all’autonomia e all’indipendenza dei pubblici ministeri, nessun tipo di assoggettamento al governo. Eppure, questa prospettiva è il principale argomento a supporto del No, che Gratteri ripete almeno quattro volte nella stessa intervista. “Si vuole controllare la magistratura – dice – fare in modo che sarà chi di volta in volta è al governo a dettare l’agenda”.

Non parla del sorteggio per nominare i membri del Csm, sistema a cui Gratteri è sempre stato favorevole e che è presente nella riforma (“In questo momento passa in secondo piano”), ma si concentra sull’obiettivo occulto della riforma: “Riposizionare il pm per poi metterlo alle dipendenze dell’esecutivo, incidendo anche sull’obbligatorietà dell’azione penale”. Il procuratore di Napoli non parla di ciò che c’è, ma si oppone a ciò che non c’è. Il superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale è un’altra bufala: non solo la riforma non incide sull’autonomia e sull’indipendenza del pubblico ministero, ma non modifica l’art. 112 della Costituzione che continua a recitare “Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”.

L’argomentazione di Gratteri, che si batte contro un testo referendario che è solo nella testa dell’Associazione nazionale magistrati, è che sarà pure vero che ora questa riforma costituzionale non prevede di mettere il pm sotto il controllo del governo ma succederà un domani se dovesse passare (“è il primo step”). E’ un argomento bizzarro. Come se un pm, in un processo per furto (separazione delle carriere), chiedesse al giudice di condannare l’imputato perché se dovesse venire assolto in futuro potrebbe commettere un omicidio (sottomettere il pm al governo) o uno stupro (abolire l’obbligatorietà dell’azione penale). La campagna referendaria è, da parte di Gratteri e dell’Anm, come un processo per furto in cui l’accusa non discute minimamente del furto ma delle possibili ulteriori intenzioni malevole dell’imputato.

Non è molto onesto né professionale. Come la scelta di Gratteri di portare a supporto della sua tesi una prova falsa. Intervistato da Giovanni Floris a “diMartedì”, per smentire i sostenitori del Sì che ricordano come Giovanni Falcone fosse favorevole a una separazione tra la figura del giudice e del pm, il procuratore di Napoli ha sfoderato lo smartphone e detto: “Volevo leggervi un’intervista di Falcone del 25 gennaio 1992, per sfatare questa leggenda sulla separazione delle carriere. Falcone dice questo: ‘Una separazione delle carriere può andar bene se resta garantita l’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero. Ma temo che si voglia, attraverso questa separazione, subordinare la magistratura inquirente all’esecutivo. Questo è inaccettabile”. Il problema è che la citazione è falsa: non esiste alcuna intervista in cui Falcone dica quelle cose e non esiste alcuna intervista di Falcone in quel giorno. E’ uno di quei meme fasulli che circolano su Facebook e Whatsapp, talvolta su qualche giornale come il Fatto.

Nei referendum, è fisiologico che i partiti usino propaganda ed esagerazioni, sono strumenti del loro mestiere che è quello di raccogliere il consenso e rappresentare degli interessi. I cittadini ne sono consapevoli, dai partiti se l’aspettano, conoscono il codice della politica. Il problema è se i magistrati, che non devono seguire il consenso ma ricercare la verità, agiscono allo stesso modo in un referendum: se si trasformano in attori politici che usano i trucchi e le distorsioni della politica. I cittadini, in questo modo, finiranno per pensare che è quello il metodo con cui giudici e pm amministrano la giustizia.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali