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l'editoriale del direttore
Rileggere Mattarella per non considerare la riforma della giustizia un incubo anti democratico
Il capo dello stato non si schiererà. Ma ripercorrendo a ritroso i segnali lasciati sul terreno in questi anni vi è la possibilità di notare spunti mattarelliani che permettono di osservare la riforma in un modo non apocalittico
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, uomo saggio e accorto, non ha alcuna intenzione di prendere posizione sulla battaglia politica che monopolizzerà il dibattito pubblico delle prossime settimane: il referendum costituzionale. Non perché non abbia una sua idea, che nessuno conosce, ma perché, come fu già nel 2016 ai tempi di un altro referendum costituzionale, il capo dello stato, per caratteristiche, stile ed equilibrio, essendo anche il capo di uno degli organi istituzionali oggetto di riforma, ovvero il Csm, il massimo che potrà fare sarà ripetere una frase già enunciata nove anni fa, ai tempi della riforma Boschi-Renzi: “Il confronto si svolga sul merito della riforma” (27 luglio 2016). Agli occhi di quella parte politica che nei momenti di difficoltà cerca senza successo un modo per tirare la giacchetta del presidente, la scelta del capo dello stato di non schierarsi potrebbe essere considerata già come una scelta: non dare il proprio contributo a quella che l’opposizione considera, nientemeno, una riforma destinata a far sprofondare l’Italia in un inferno anti democratico e anti costituzionale. Naturalmente non è così, anche se non schierarsi è una scelta. Ma se volessimo ripercorrere a ritroso i segnali lasciati sul terreno dal capo dello stato in questi anni vi è la possibilità di notare che vi sono spunti mattarelliani che permettono di osservare la riforma in un modo non apocalittico.
Il presidente della Repubblica, da anni, sostiene che la politica debba “dimostrare, con coraggio, di voler superare ogni degenerazione del sistema delle correnti per perseguire autenticamente l’interesse generale ad avere una giustizia efficiente e credibile” (18 giugno 2020). Una riforma della giustizia che diluisce il peso delle correnti attraverso il sorteggio qualche degenerazione forse potrebbe aiutare a superarla. O no? Il capo dello stato, poi, da anni ricorda quanto sia importante avere una magistratura che “si nutre anche di una profonda consapevolezza morale della terzietà della funzione giurisdizionale, basata sui princìpi dell’autonomia e dell’imparzialità” (24 febbraio 2015, all’inizio del primo mandato). Una riforma che premia la terzietà del giudice, separando le carriere, può essere accusata di essere una minaccia all’indipendenza e all’imparzialità della funzione giurisdizionale? Da anni, poi, il capo dello stato, ricorda quanto il processo mediatico, che la riforma della giustizia punta a ridimensionare, sia un virus del nostro sistema democratico. Mattarella lo ha detto in molte occasioni. Lo ha detto il 15 maggio 2023, quando ha sostenuto che “il processo non può essere utilizzato per finalità diverse, che ne stravolgerebbero il ruolo, mettendo gravemente a rischio la fondamentale separazione dei poteri”. Una riforma che smussa i pieni poteri dei pm aiuta o no a combattere il processo mediatico? Forse sì. Il presidente della Repubblica, infine, nel corso degli anni ha ribadito che l’autonomia della magistratura non debba equivalere ad avere un potere senza limiti. Era il 24 novembre 2021: “Queste prerogative non possono mai essere intese come una legittimazione per ogni genere di iniziativa o di decisione”. Non sappiamo, anche qui, cosa pensa il capo dello stato della nuova alta corte disciplinare. Ma l’idea che sia necessario riequilibrare le funzioni e i poteri dei pm rispetto ai giudici, introducendo nuovi contrappesi, è un elemento su cui il capo dello stato in questi anni ha insistito con forza, anche per permettere alla magistratura di “rifuggire dalle chiusure dell’autoreferenzialità e del protagonismo” (24 novembre 2021). Il presidente della Repubblica merita di non essere tirato per la giacchetta da nessuno, neanche da noi. Ma da mattarelliani puri, come ci consideriamo, non possiamo non vedere ottime ragioni mattarelliane per osservare la riforma della giustizia non con lo stesso senso di angoscia alimentato da chi considera questa riforma destinata a far sprofondare l’Italia in un inferno anti democratico e anti costituzionale.
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