la sentenza

La Cassazione esclude qualsiasi legame tra Dell'Utri, Berlusconi e Cosa nostra

Ermes Antonucci

Per i giudici "non è risultata mai provata alcuna attività di riciclaggio di Cosa nostra nelle imprese berlusconiane”, né nella fase di fondazione del gruppo né dopo. Inoltre “è indimostrata e illogica” la tesi secondo la quale Berlusconi avrebbe versato somme di denaro a Dell’Utri per ottenere il suo “silenzio” sull’esistenza di indimostrati accordi con la mafia

Mentre alcuni quotidiani riportano con grande enfasi l’indiscrezione secondo la quale Marcello Dell’Utri è indagato dalla procura di Caltanissetta per concorso nella strage di Via D’Amelio (inizialmente insieme a Silvio Berlusconi, poi deceduto) sulla base di un teorema accusatorio tragicomico (Cosa nostra avrebbe ammazzato Paolo Borsellino perché il magistrato aveva rilasciato un’intervista a una tv francese sui rapporti tra Berlusconi, Dell’Utri e Mangano), indagine peraltro destinata all’archiviazione – e sorprenderebbe il contrario – è passata totalmente inosservata una notizia ben più importante sul piano giudiziario, sempre nell’ambito delle accuse di mafiosità nei confronti dell’ex senatore di Forza Italia e del fu Cav.: nei giorni scorsi, infatti, la Corte di Cassazione ha definitivamente escluso ogni legame tra Berlusconi, Dell’Utri e Cosa nostra.

 

La Suprema Corte ha respinto il ricorso presentato dalla procura generale di Palermo contro la decisione della Corte d’appello palermitana che ha rigettato la richiesta di sorveglianza speciale e della confisca dei beni nei confronti di Dell’Utri (difeso dagli avvocati Francesco Centonze e Tullio Padovani) e dei suoi famigliari (assistiti dagli avvocati Filippo Dinacci e Francesco Bertorotta). Stessa decisione era stata adottata dal tribunale palermitano. La procura di Palermo sosteneva che il patrimonio accumulato da Dell’Utri, frutto anche delle generose donazioni ricevute nel corso degli anni da Berlusconi, avesse una natura illecita o mafiosa. Tesi smentita in tutti e tre i gradi di giudizio. “Non è risultata, a oggi, mai processualmente provata alcuna attività di riciclaggio di Cosa nostra nelle imprese berlusconiane”, né nella fase iniziale di fondazione del gruppo né nei decenni successivi, sottolineano i giudici della Corte d’appello di Palermo nella decisione ora divenuta irrevocabile. Inoltre, si evidenzia, “è indimostrata e illogica” la tesi secondo la quale Berlusconi avrebbe versato somme di denaro a Dell’Utri per ottenere il suo “silenzio” sull’esistenza di indimostrati accordi con Cosa nostra. 

 

Su questo punto, il tribunale di Palermo era stato ancora più netto: “Tale conclusione, oltre che estremamente semplicistica e indimostrata, si scontra con la successiva evoluzione dei rapporti fra i due e con il più volte rinnovato (finanche nelle proprie disposizioni testamentarie, come notorio) senso di amicizia e riconoscenza mostrato da Berlusconi nei confronti di Dell’Utri e posto alla base degli ingenti flussi finanziari veicolati in suo favore”. Questi flussi finanziari, ha chiarito il tribunale, hanno sempre avuto “natura lecita”, mentre la tesi del silenzio serbato da Dell’Utri circa i rapporti fra Berlusconi e Cosa nostra “pur se estremamente suggestiva, presta il fianco alla finora indimostrata esistenza di accordi fra il sodalizio criminale e Berlusconi, sia in campo imprenditoriale che politico”.

 

Insomma, a fronte del rigetto definitivo di una misura di prevenzione nei confronti di Dell’Utri, in virtù di decisioni giudiziarie che spazzano via ogni ipotesi di legami tra l’ex senatore, Berlusconi e Cosa nostra, a fare notizia paradossalmente è la rivelazione dell’esistenza dell’ennesima indagine a carico di Dell’Utri per concorso nelle stragi mafiose, destinata a finire in un vicolo cieco. I termini per svolgere le indagini sono infatti scaduti ad agosto 2024. Da allora il fascicolo è tenuto a bagnomaria dai titolari dell’indagine, il procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca e l’aggiunto Pasquale Pacifico, che dopo oltre un anno non hanno ancora deciso cosa fare della pista che lega  l’uccisione di Borsellino ad addirittura un’intervista alla televisione francese Canal+. 

 

Sospesa nel limbo risulta essere anche l’indagine ben più celebre avviata dalla procura di Firenze, in cui si ipotizza che Dell’Utri e Berlusconi siano stati nientedimeno che i mandanti esterni delle stragi  di Cosa nostra nel biennio 1993-94 (Milano, Firenze, Roma). Un filone portato avanti fin dal 1998 tra Firenze e Caltanissetta, e già archiviato tre volte, ma riaperto per l’ennesima volta nel 2017 dai pm Luca Turco e Luca Tescaroli. Il fascicolo è stato archiviato, per poi essere riaperto – con la stessa accusa – nel dicembre 2022 (le magie della giustizia italiana). Da dicembre 2024, quindi, i termini delle indagini sono scaduti, ma anche del destino di questo fascicolo non si è saputo più nulla. 

 

La vita delle persone coinvolte, intanto, resta sospesa, immersa nel fango mediatico-giudiziario.
Ermes Antonucci

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]