
Mario Mantovani (Ansa)
paradossi
In carcere 41 giorni da innocente: “Nessun indennizzo, colpa sua”. Il caso Mantovani
Mario Mantovani ha trascorso 41 giorni in carcere e altri 142 ai domiciliari per accuse di corruzione poi rivelatesi infondate. Ma la Corte d'appello di Milano ha rigettato la richiesta di indennizzo per ingiusta detenzione, sostenendo che ha contribuito "colposamente" all'errore dei magistrati
Ha trascorso 41 giorni in carcere e altri 142 agli arresti domiciliari sulla base di accuse poi rivelatesi infondate, ma non riceverà neanche un euro di indennizzo per ingiusta detenzione, perché avrebbe “colposamente” contribuito all’errore dei magistrati. È l’incredibile epilogo della vicenda che dieci anni fa, il 13 ottobre 2015, travolse Mario Mantovani, all’epoca vicepresidente della Regione Lombardia e già sottosegretario alle Infrastrutture. Mantovani venne arrestato su richiesta del pm Giovanni Polizzi con una sfilza di accuse di corruzione, concussione e turbativa d’asta. In primo grado nel 2019 venne assolto per alcune imputazioni e condannato per altre a una pena complessiva di cinque anni e mezzo di reclusione. Nel 2022 la Corte d’appello di Milano lo ha assolto da ogni accusa, con una sentenza poi diventata definitiva. Ora la stessa Corte d’appello milanese, con un’altra sezione, ha rigettato la richiesta avanzata dai legali di Mantovani – oggi europarlamentare – volta a ricevere per l’ingiusta detenzione patita l’indennizzo massimo previsto dalla legge (516 mila euro). Le motivazioni dei giudici appaiono a dir poco paradossali.
I giudici, ad esempio, si soffermano molto su un’ipotesi di concussione contestata a Mantovani, caduta già in primo grado. L’allora numero due della Regione Lombardia era stato accusato di aver fatto pressioni al provveditore alle opere pubbliche affinché restituisse alcuni incarichi a un dirigente e di aver minacciato in caso contrario la revoca delle convenzioni da parte dei comuni. Questa minaccia è risultata inesistente, e così Mantovani è stato assolto. Tuttavia, i giudici che si sono occupati della richiesta di indennizzo per ingiusta detenzione sottolineano come l’esistenza – negata da Mantovani – di pressioni sul provveditore sia stata riscontrata in sede processuale, e “tanto basta per integrare il profilo della colpa grave che esclude il diritto all’indennizzo”. Praticamente pm e gip non hanno mai trovato uno straccio di prova della minaccia, che costituiva l’elemento necessario della presunta concussione, ma il fatto che Mantovani abbia mentito sull’esistenza di telefonate al provveditore è sufficiente ad addossargli la colpa del fatto che i magistrati lo hanno sbattuto ingiustamente in carcere.
Non è tutto. Nel caso di un’accusa di corruzione, anche questa smentita in sede giudiziaria, la Corte d’appello di Milano giunge ora a contestare a Mantovani una “grossolana imprudenza e mancanza di correttezza”, oltre che, “lo si consenta, una certa arroganza legata al proprio status”, con considerazioni più moraliste che giuridiche.
In definitiva, per i giudici “è emerso, in maniera nitida, come l’interessato (Mantovani) si sia posto al centro di un quadro indiziario consistente e multiforme che, proprio perché adeguatamente ponderato dal giudice della cautela, ha giustificato, ex ante, l’adozione della misura coercitiva”. Insomma, è tutta colpa dell’indagato-arrestato, che si è “posto al centro del quadro indiziario”, mica dei magistrati che quel quadro indiziario lo hanno costruito. Più che alla valutazione di una richiesta di indennizzo per ingiusta detenzione sembra di essere di fronte a una sentenza di condanna morale.
“I giudici hanno perso l’occasione per riaffermare giustizia e verità”, dice al Foglio Mario Mantovani. “I fatti sono stati vagliati da giudici della stessa Corte d’appello che mi ha assolto. Questo dà la misura di come la giustizia venga usata anche per fare politica. Quel che conta è che io sono stato assolto per non aver commesso i fatti, punto”, aggiunge.
“Ogni anno in media mille innocenti finiscono in carcere. Cosa possono pensare i cittadini dell’attività dei giudici e dello stato di diritto in Italia? C’è una violazione costante che mi auguro trovi presto fine”, dice l’eurodeputato. Per Mantovani un aiuto potrà giungere dalla riforma costituzionale: “Separazione carriere, doppio Csm, alta Corte disciplinare. È importante che i giudici che sbagliano siano sottoposti a un consiglio di disciplina che non sia costituito da loro stessi. Altrimenti siamo nel ridicolo”.