
Giuseppe Ferdico (screenshot da YouTube - TeleStudio98)
l'odissea
Il calvario dell'imprenditore Ferdico, assolto per mafia dopo 18 anni. Intanto l'azienda è fallita
L'imprenditore è stato assolto dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. La sua azienda venne confiscata nonostante l'assoluzione in primo grado. Ora le è stata restituita, ma intanto è fallita
Ci sono voluti diciotto anni di processi e quattordici sentenze per spazzare via ogni ombra di collusione con la mafia in capo all’imprenditore siciliano Giuseppe Ferdico, titolare negli anni 90 del più grande centro di distribuzione in Sicilia, di tre centri commerciali e di una ventina di supermercati. Le sue aziende davano lavoro a oltre 500 persone. Oggi sono quasi tutte fallite dopo essere state sequestrate e poi confiscate a causa delle accuse di mafia, poi rivelatesi infondate, rivolte ai danni di Ferdico. Il calvario dell’imprenditore inizia nel 2007 quando la procura di Palermo apre un fascicolo nei suoi confronti con al centro l’accusa gravissima di concorso esterno in associazione mafiosa: per i pm sarebbe stato in affari prima, tra gli anni 80 e 90, con le famiglie mafiose dell’Acquasanta e dell’Arenella, e poi, negli anni 2000, con le cosche mafiose del mandamento di Tommaso Natale e Carini. Le accuse a carico di Ferdico si basano sulle dichiarazioni di alcuni presunti collaboratori di giustizia, che poi si riveleranno essere del tutto inattendibili.
Dopo i primi accertamenti, a dire il vero, la procura non appare così convinta delle accuse, tanto da chiedere per ben tre volte l’archiviazione, sempre rigettata dal gip. Alla terza richiesta, il gip ordina l’imputazione coatta di Ferdico.
Ancor prima che il processo cominci, il tribunale di Palermo sequestra a Ferdico beni per un valore di 100 milioni di euro, tra attività commerciali, ville, appartamenti e conti correnti. A presiedere la sezione misure di prevenzione del tribunale è Silvana Saguto, che poi verrà travolta dallo scandalo sulla gestione clientelare dei beni sequestrati alla mafia, finendo per essere condannata a sette anni e undici mesi di reclusione, e per essere rimossa dalla magistratura.
Nel 2014 in primo grado Ferdico viene assolto dall’accusa di concorso esterno perché i giudici non trovano riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Basti pensare che uno dei “pentiti” che accusano Ferdico è Angelo Fontana, che aveva confessato, falsamente, il suo personale coinvolgimento nel fallito attentato all’Addaura ai danni di Giovanni Falcone nel 1989 (si era poi scoperto che Fontana all’epoca si trovava detenuto negli Stati Uniti). Dal processo emerge che Ferdico, piuttosto che essere socio dei clan mafiosi, era vittima delle loro estorsioni e delle loro richieste di pizzo, mentre l’obiettivo dei “pentiti” era quello di ottenere benefici penitenziari.
Nonostante l’assoluzione in primo grado, il tribunale di Palermo dispone la confisca dei beni dell’imprenditore sulla base del principio di autonomia: il giudizio di prevenzione si può differenziare da quello penale se, nonostante l’assoluzione, l’imputato viene comunque ritenuto pericoloso. Una delle più evidenti contraddizioni del sistema giuridico italiano.
La procura palermitana intanto impugna l’assoluzione e la Corte d’appello nel 2018 ribalta il pronunciamento, condannando Ferdico a nove anni e quattro mesi di reclusione. I legali dell’imprenditore fanno ricorso alla Cassazione, che annulla con rinvio la condanna. Nell’appello bis, la Corte riascolta tutti i presunti “pentiti” e assolve Ferdico rilevando la mancanza di credibilità soggettiva dei collaboratori di giustizia. La sentenza passa in giudicato nel giugno 2022.
Nel frattempo, però, la Corte d’appello aveva confermato la confisca dei beni di Ferdico, che diventa definitiva nel 2021. Non solo. Assolto dopo quindici anni dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, l’imprenditore si ritrova sotto processo per intestazione fittizia di beni. Viene condannato in primo grado e in appello. La sentenza viene poi annullata con rinvio dalla Cassazione e la Corte d’appello di Palermo assolve definitivamente l’imprenditore nel novembre 2024.
Caduta finalmente ogni accusa, i legali di Ferdico, gli avvocati Roberto Tricoli e Luigi Miceli, hanno proposto la revoca della confisca del patrimonio. La richiesta è stata prima respinta dalla Corte d’appello di Caltanissetta e ora accolta dopo un annullamento con rinvio della Cassazione. A 13 anni dalla confisca Ferdico, oggi ottantanovenne, potrà tornare in possesso dei suoi beni. Peccato che del suo mini impero ormai restino solo macerie.