Caso Almasri, la Camera respinge la richiesta di autorizzazione a procedere per Nordio, Piantedosi e Mantovano

L'Assemblea di Montecitorio ha accolto la richiesta della giunta di negare l'autorizzazione a procedere nei riguardi dei tre esponenti del governo. 256 sì al ministro dell'Interno (5 in più del ministro della Giustizia e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio)

La Camera respinge la richiesta del Tribunale dei ministri di autorizzazione a procedere contro il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla Giustizia Alfredo Mantovano, per il caso Almasri.  I sì alla negazione dell'autorizzazione a procedere proposta dalla Giunta all'Aula contro Piantedosi sono stati 256, i no 106. (verso Nordio e Mantovano i sì a non procedere sono stati 251). Nell'Aula, ad assistere al voto, c'era anche la premier Giorgia Meloni, che ha abbandonato l'emiciclo a votazione finita.

A inizio agosto, il Tribunale dei ministri aveva già notificato alla premier la chiusura delle indagini a suo carico sul caso della liberazione del generale libico. Restavano pendenti le posizioni di Nordio, Piantedosi e Mantovano. Secondo l’articolo 96 della Costituzione, infatti, per procedere penalmente contro un ministro è necessaria l’autorizzazione della Camera competente, qualora i fatti contestati siano riconducibili all’esercizio delle funzioni.

Il caso che ha originato la vicenda è legato all’estradizione del torturatore libico Osama Njeim Almasri, su cui pendeva un mandato d'arresto della Corte penale internazionale ma che l'Italia, dopo averlo fermato, ha rimpatriato in Libia con un volo di stato. 

Qui avevamo anticipato la relazione della maggioranza, che sostiene i ministri e il sottosegretario abbiano agito per difendere “interessi dello stato costituzionalmente rilevanti”, tutelando la vita e l’incolumità degli italiani presenti in Libia sui quali, secondo quanto segnalato dai servizi segreti, pendevano minacce di atti ostili da parte della Rada Force, cioè la milizia guidata proprio da Almasri. 

   

Il caso Almasri: di cosa si tratta

Il caso Almasri nasce in seguito all’arresto a Torino, all’inizio del 2025, del generale libico Osama Njeem Almasri, accusato dalla Corte Penale Internazionale di crimini contro l’umanità, tra cui torture e abusi nei confronti di migranti in Libia. Scarcerato appena due giorni dopo il fermo, senza che fossero stati rispettati i protocolli internazionali di consegna richiesti dalla Cpi, Almasri è stato rimpatriato in Libia in tempi rapidissimi tramite un volo di stato italiano. 

Le indagini, coordinate dalla procura di Roma, si sono concentrate soprattutto sul possibile coinvolgimento di esponenti di alto livello del governo. L’avvocato Luigi Li Gotti ha presentato una denuncia che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati della premier Meloni, dei ministri Piantedosi e Nordio e del sottosegretario Mantovano. Ai quattro erano contestati reati di favoreggiamento e peculato, e per Nordio anche quello di omissione di atti d’ufficio: si era ipotizzato che la decisione di rimpatriare Almasri e la mancata trasmissione della richiesta di arresto internazionale alla Corte avessero favorito la liberazione del generale, senza un giusto processo, in violazione degli obblighi italiani verso la Cpi. 

 

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