editoriali

La maxi inchiesta di Milano diventa mini

Redazione

Il tribunale del Riesame esclude anche per Manfredi Catella (Coima) la corruzione nel caso urbanistica. Del grande "sistema" che avrebbe governato il capoluogo lombardo resta ben poco

Ora che sono state depositate anche le motivazioni dell’ordinanza con cui il tribunale del Riesame di Milano ha annullato gli arresti domiciliari nei confronti dell’imprenditore Manfredi Catella (Coima), si può affermare che la maxi indagine sull’urbanistica avviata dalla procura di Milano ne è uscita alquanto malconcia. Anche nei confronti di Catella, così come avvenuto in precedenza con l’annullamento delle misure cautelari ai danni dell’architetto Alessandro Scandurra e del manager di Bluestone Andrea Bezziccheri, i giudici hanno rintracciato l’assenza di “gravi indizi di colpevolezza” per il reato di corruzione, smontando le tesi dei pm. Per i giudici, tra Catella e Scandurra non è risultato alcun accordo “i cui termini implicavano un pregiudizievole esercizio in favore del privato Catella dei poteri attribuiti al pubblico ufficiale beneficiato tramite incarichi di progettazione”.

 

Come nel caso della misura cautelare disposta (e poi annullata) nei confronti di Scandurra e Bezziccheri, il Riesame ha rintracciato nella ricostruzione del gip (che ha accolto le tesi dei pm) “un percorso illogico inverso”: “Non ha proceduto all’accertamento preliminare del patto corruttivo per poi derivare da tali elementi la vendita della funzione pubblica e l’atto contrario ai doveri d’ufficio ma, muovendo dal supposto atto illegittimo, è giunto a ritenere automaticamente configurata l’esistenza del patto illecito: il rapporto economico diviene automaticamente prova del dovere di astensione e la sua violazione diventa prova dell’accordo corruttivo”. La stessa logica ritenuta “svilente” dal collegio del Riesame che si era occupato di Scandurra e Bezziccheri.

 

Alla fine, dopo il passaggio al Riesame (che ha annullato sei arresti su sei), resta soltanto la conferma della presenza di indizi di reato ai danni dell’ex assessore Giancarlo Tancredi, dell’ex presidente della commissione paesaggio Giuseppe Marinoni e dell’imprenditore Federico Pella. Ma del grande “sistema” corruttivo che secondo la procura avrebbe governato l’urbanistica a Milano resta ben poco.

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