Foto Ansa 

Editoriali

I veri ritardi del governo sulla giustizia

Redazione

Gli obiettivi del Pnrr sono lontani: meno venti punti percentuali. La giustizia italiana inciampa sempre nell'ordinario: organizzazione fragile, personale amministrativo insufficiente, digitalizzazione a metà. Dossier da studiare

Il governo e il Parlamento discutono di riforme costituzionali della giustizia. Bene, benissimo: separazione delle carriere, ruolo del Csm, nuove architetture. Ma intanto, mentre le bandiere sventolano, il terreno dell’ordinario resta accidentato. E lì si annida il vero ritardo. Basta guardare il dossier appena depositato due giorni fa alle Camere sul decreto legge giustizia. A fine 2024 gli arretrati civili erano stati ridotti, ma per rispettare i target Pnrr bisogna ancora definire 200 mila procedimenti pendenti nei tribunali e 35 mila nelle corti d’appello entro giugno 2026. Un anno e mezzo per svuotare interi magazzini giudiziari. E la riduzione della durata media dei processi civili, il famoso disposition time, si è fermata al -20,1 per cento rispetto al 2019: l’Europa ci chiede il -40 per cento. Mancano venti punti percentuali in diciotto mesi, roba da record mondiale.

Che cosa si fa allora? Si inventano misure straordinarie. Il Csm individua le corti d’appello più in difficoltà – Palermo, Reggio Calabria, Catanzaro, Taranto – e avvia trasferimenti forzati di magistrati con incentivi economici. Il decreto prevede l’applicazione “a distanza” di 500 magistrati ordinari, ciascuno obbligato a chiudere almeno 50 fascicoli da remoto. Si usano in supplenza i giudici onorari di pace, in deroga ai limiti di legge. Ai capi degli uffici giudiziari vengono dati poteri eccezionali di riassegnazione per bypassare criteri e carichi di lavoro. Ma il malato resta cronico. Perché la giustizia italiana inciampa sempre nell’ordinario: organizzazione fragile, personale amministrativo insufficiente, digitalizzazione a metà. E il paradosso è che, per non compromettere i target, si rinvia l’entrata in vigore del nuovo tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie al 2026: la riforma che dovrebbe rendere il sistema più efficiente viene posticipata per non disturbare la rincorsa ai numeri. Morale: viva le riforme straordinarie, ma se non si mette mano all’ordinario ogni sforzo rischia di restare una toppa. Con l’Europa che guarda, e che a giugno 2026 non vorrà più deroghe.

Di più su questi argomenti: