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Editoriali

Il caso Bartolozzi: un test di garantismo per la Consulta

Redazione

Il conflitto d’attribuzione e la partita delicata della Corte: si tratta di stabilire se la Costituzione significa ancora equilibrio tra poteri o se diventa carta da piegare alle esigenze del momento

Adesso la palla è nelle mani della Corte costituzionale. Dopo la risposta del procuratore Lo Voi sul caso Bartolozzi – iscrizione per false informazioni, ma niente concorso con i ministri e quindi niente autorizzazione a procedere – la maggioranza non può non sollevare conflitto di attribuzione. E’ una scelta che non riguarda più il destino di un’indagine, ma il cuore della nostra architettura istituzionale: chi decide fin dove arriva il potere dei giudici e dove cominciano le prerogative del Parlamento. Non è la prima volta che accade. La Consulta ha già avuto occasione di far capire da che parte sta.

 

Nel caso Stefano Esposito (quando il tribunale di Napoli provò a contestare l’immunità parlamentare per le dichiarazioni di un senatore), i giudici delle leggi ribadirono che l’autonomia del Parlamento va rispettata. Nel caso Renzi (sulla perquisizione della sua corrispondenza elettronica senza previa autorizzazione del Senato), la Corte affermò che i poteri investigativi non possono travolgere le guarentigie parlamentari. Due scelte sagge, perché senza quella bussola la nostra democrazia rischia di trasformarsi in un campo di battaglia in cui a vincere non è il diritto, ma il potere più invadente. Il nodo di oggi è lo stesso: se si accetta che il Tribunale dei ministri possa escludere a piacere un “indagato laico” dalla procedura di autorizzazione, lasciandolo in un binario separato, si crea un corto circuito. Si spacca l’unità del caso, si indebolisce il ruolo del Parlamento e si apre la strada a un’interpretazione discrezionale che fa male a tutti, anche alla giustizia. Per questo la sfida davanti alla Corte è decisiva: si tratta di stabilire se la Costituzione significa ancora equilibrio tra poteri o se diventa carta da piegare alle esigenze del momento. Difendere le prerogative delle Camere non equivale a proteggere i politici dagli scandali, ma a proteggere i cittadini da un sistema dove ogni potere si sente autorizzato a invadere il campo dell’altro. Speriamo che la Corte non deluda.

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