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L'intervista

Il costituzionalista Curreri: “Illegittimo che Bartolozzi vada a processo da sola. Deve decidere la Camera”

Ruggiero Montenegro

Il professore di Diritto costituzionale: "Il Tribunale dei ministri si concentra solo sul ruolo degli esponenti di governo. E' sbagliato. La procura avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione anche nei confronti della capo di gabinetto del ministero della Giustizia, come dice la legge. Se il governo avesse invocato la ragione di stato la questione si sarebbe chiusa subito"

“C’è un punto in tutta questa vicenda Almasri che mi pare centrale ma non ancora sufficientemente illuminato”. Quale? “Il Tribunale dei ministri si sta concentrando solo sul ruolo dei ministri, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e su quello del sottosegretario Alfredo Mantovano, stralciando invece la posizione di Giusi Bartolozzi per cui si avvierà un processo ordinario. Tutto questo è legittimo? Secondo me no”, dice Salvatore Curreri – costituzionalista e docente all'Università di Enna. Perché? “La procura, a mio avviso, avrebbe dovuto richiedere l’autorizzazione a procedere anche nei confronti della capo di gabinetto del ministero della Giustizia. La legge – spiega Curreri – dice espressamente che le Camere devono poter valutare anche la posizione di questi soggetti, pienamente coinvolti, anche se non fanno parte del governo”. (Montenegro segue nell’inserto II)


Professore, partiamo dall’inizio. Che idea si è fatto del caso Almasri? E', come sostiene la maggioranza, un’esondazione da parte dei pm? “I magistrati fanno il loro lavoro”, premette Curreri. “Avendo il governo posto il problema sul piano giuridico e formale, mi è parso subito evidente che questo tipo di impostazione si esponesse alla possibile critica da parte della magistratura”. Diverso sarebbe stato invece se Palazzo Chigi avesse rivendicato la scelta a livello politico, sin dal principio, quando è arrivato il mandato d’arresto della Corte penale internazionale nei confronti del torturatore libico. “Il governo avrebbe potuto spiegare che era una questione di interesse nazionale, in cui c’era in gioco la cosiddetta ragione di stato, e avrebbe anche potuto apporre il segreto di stato. La questione si sarebbe chiusa lì, mesi fa”.  

Così non è andata e paradossalmente dopo l’estate il Parlamento dovrà decidere, proprio sulla base di istanze tutte politiche, se accogliere la richiesta del Tribunale dei ministri a procedere contro Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano. Mentre la posizione della premier Giorgia Meloni, che ha definito “assurda” questa situazione, è stata archiviata. “E’ vero  che la responsabilità politica e quella giuridica non sono sovrapponibili. Ma – puntualizza il professore –  nel caso di specie mi sembra veramente ardito tenere distinti i due profili”. Ci spieghi meglio. “Un reato si può commettere anche in via omissiva. Il fatto che Meloni non sia intervenuta non significa che non ne sapesse niente. Lei stessa ha rivendicato la decisione. E poi dirigere l’azione politica del governo  fa parte del ruolo e dei compiti che la Costituzione assegna al presidente del Consiglio”. Non solo, la perplessità di Curreri deriva anche dal fatto che “si chiede il rinvio a giudizio per Mantovano, che ha la delega del presidente del Consiglio ai servizi. Insomma si indaga il delegato e non il delegante”. E’ questo, secondo il costituzionalista, “il primo corno del problema” rispetto all’azione del Tribunale dei ministri. 

Il secondo riguarda la posizione di Bartolozzi, soprannominata la “Zarina” di Via Arenula e figura di peso da cui passa gran parte dell’attività del ministero di Nordio. Il suo nome ricorre nelle carte dei magistrati.   “Un soggetto che, da quanto si legge, è penalmente coinvolto nella vicenda. Ma non fa parte del governo, è una capo dipartimento e per questo apparentemente la Procura non doveva emettere una richiesta nei suoi confronti. Tanto è vero che il presidente dell’Anm Cesare Parodi ha lasciato intendere che la posizione di Bartolozzi potrebbe essere stralciata e quindi si potrebbe agire direttamente senza passare dal Parlamento”. E in questo caso, considerando che con ogni probabilità la Camera non concederà l’autorizzazione a procedere, Bartolozzi sarebbe alla fine l’unica a processo. “Una sorta di anello debole, di capro espiatorio”, ragiona Curreri. Mentre Parodi aveva evocato ricadute politiche nel caso in cui la funzionaria di Via Arenula venisse condannata, alimentando i sospetti della maggioranza sulla procura: colpire Bartolozzi per evidenziare indirettamente le responsabilità del governo. 

“C’è un punto che va sottolineato”, dice Curreri. “La legge che riguarda la responsabilità dei ministri – sia quella costituzionale 1/89 che quella ordinaria, la 212 del 1989 – prevede l’ipotesi in cui il ministro abbia agito in concorso con altre persone terze, che non siano parlamentari né al governo”. E cosa dice? “Che anche per questi soggetti, come può essere Bartolozzi,  la Camera deve essere coinvolta per valutare se sussiste un preminente interesse pubblico. Credo che la procura avrebbe dovuto seguire questa strada”, prosegue il costituzionalista che, in attesa degli sviluppi, evita ogni dietrologia sul Tribunale dei ministri lasciando le polemiche a maggioranza e opposizione.

Dal punto di vista giuridico, quali scenari si aprono adesso? “La Camera, su un piano istituzionale, potrà sollevare un conflitto di attribuzione in quanto ritiene di non essere stata messa in condizione di esercitare le proprie prerogative”, risponde Curreri. E se davvero Bartolozzi dovesse andare a processo da sola? “Potrebbe sollevare questa eccezione a difesa della sua posizione individuale, come un  errore procedurale su cui si esprimerà il gip, che a sua volta  potrebbe onerare la procura a fare la richiesta a procedere al Parlamento”. Sempre che il Tribunale dei ministri non ci ripensi e  consideri la fedelissima di Nordio al pari degli altri esponenti di governo coinvolti. E’ possibile tecnicamente? “Si può fare e credo sarebbe la cosa più sensata, perché la  posizione di Bartolozzi è concorrente sotto il profilo della fattispecie penale. D'altra parte  – conclude Curreri – la Camera adesso ha 90 giorni per deliberare, i tempi ci sono”.

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