Ansa

L'editoriale dell'elefantino

Occorre separare le carriere tra opposizione politica e alzata di scudi demagogica

Giuliano Ferrara

Non c’è nessuna orbanizzazione dell’Italia. Opporsi al dl Sicurezza va bene, ma con misura

Capisco molte delle obiezioni politiche e legislative al disegno di legge sulla Sicurezza approvato dalla maggioranza alle Camere con il voto di fiducia e le condivido. La definizione di nuovi reati, l’inasprimento delle pene, le nuove aggravanti hanno spesso, non sempre, il sapore di misure che puntano a un consenso facile e generico piuttosto che a un’efficienza dissuasiva e repressiva difficile. Questo governo di destra, che forse ci darà la separazione delle carriere tra accusa e difesa, un pilastro dello stato di diritto, un antidoto al giustizialismo, una pratica ovvia per il garantismo anglosassone, cioè il più avanzato nel mondo democratico e liberale, ha scelto di procedere, immagino anche per temperare i costi politici di una scelta che è liberale e di sinistra, una spolverata legislativa di securitarismo su una rete di comportamenti penalmente rilevanti ancora non codificati o trattati fin qui con negligenza, passività, pigrizia, sebbene costituiscano materia di notevole allarme sociale (come il borseggio nei mezzi di trasporto, le truffe agli anziani, il casino intorno alle stazioni, i blocchi della circolazione, certe impudenti forme di resistenza violenta alle forze di polizia in assetto di ordine pubblico, il vandalismo).


Ma isolare alcune scelte molto infelici come la criminalizzazione della resistenza passiva, passaggi tristemente insensati sulle donne incinte e sulle carceri, che dovrebbero invece diventare un cavallo di battaglia riformista e umanitario di qualunque governo vista l’infernale insostenibilità della situazione attuale, per assalire il governo e la maggioranza sul piano ideologico e politico con l’accusa di “svolta autoritaria” sembra una linea di risposta legittima ma sproporzionata. Come la campagna d’Albania condotta dalle opposizioni per dannare una linea equilibrata, accettata e perfino imitata nel contesto europeo, e riconosciuta da voci non sospette come alternativa alle vampate populiste, sovraniste e identitarie che percorrono le destre in molti paesi a noi vicini e che furono lo stigma d’azione e trombonismo provocatorio del governo Conte, Salvini, Di Maio qualche anno fa. Quella sì che era una deriva securitaria e andava combattuta con le baionette dell’antiautoritarismo autentico. Meloni non sembra di quella partita, e credo che il ministro Piantedosi non direbbe nemmeno sotto tortura quanto affermato dal ministro dell’Interno francese, Bruno Retailleau, che “lo stato di diritto non è sacro né intoccabile perché la fonte della democrazia è la sovranità popolare”. Da noi, dentro le carceri e nel mondo esterno, si allungano ombre di semilegalità e comportamenti opachi degli apparati di stato, eppure la protezione legale dei poliziotti, sacrosanta per tanti motivi, non arriva al divieto francese di fotografare cortei e barriere di sicurezza in divisa, e più in generale non siamo il paese che calpesta la sua stessa immagine storica di faro libertario con sequestri di studenti stranieri da parte di agenti in borghese, con i bandi all’immigrazione dei ricercatori nelle università, con i rimpatri forzati in democrature bananiere sbandierati in modo disumano con contorno di catene e teste rasate, altro che paesi sicuri, in un tripudio di sensazionalismo demagogico, con le vittime dei reati esibite piangenti sui palchi dei comizi politici alla ricerca di un consenso sempre più passivo e sanguinoso nella corrente della paura. Tutto questo e molto altro accade negli Stati Uniti, non in Italia. 

Il paradosso è che, sia quando la svolta autoritaria è chiara e certificata dai fatti, sia quando la retorica della sicurezza è di facciata, anche le opposizioni che fanno il loro mestiere intoccabile sono all’origine della deriva denunciata. A forza di infischiarsene delle paure diffuse, arriva chi le cavalca in modo indecente e costituzionalmente intollerabile. Come è successo nell’America woke, che si è risvegliata certo, ma con quel bestione arrogante e manesco di Trump. Opporsi come doveroso ma con un certo senso della misura, e considerare la sicurezza un elemento irrinunciabile della vita democratica,  è un antidoto contro la penalizzazione della vita pubblica. Occorre separare le carriere tra opposizione politica e alzata di scudi demagogica, quando si tratta di un governo che ha messo in castigo il lepenismo di alcuni suoi ministri irrilevanti, capi politici in calando, e che ha dato segnali sulla sicurezza in qualche caso non seri, ma solo raramente gravi e ideologicamente connotati, mentre cerca di smantellare il davighismo che da quasi quarant’anni affligge la Repubblica con lo spirito di procura e il militantismo delle manette facili.  Non c’è nessuna “orbanizzazione” in corso, in Italia, come non c’era nessuna “germanizzazione”, famoso e sciocco slogan estremista degli anni Settanta, quando con fatica si introducevano norme contro il dilagante terrorismo politico e stentatamente si cercava di attuarle.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.