
(foto d'archivio Ansa)
editoriali
Contro la responsabilità (poco) oggettiva
L’ex ad di Ferrovie Moretti condannato secondo princìpi velatamente incostituzionali
L’ex amministratore delegato delle Ferrovie, Mauro Moretti, nel terzo processo di appello, è stato nuovamente condannato a 5 anni di reclusione per “responsabilità oggettiva” nel terribile incidente di Viareggio di 16 anni fa in cui avevano perso la vita 32 persone. Moretti avrebbe potuto evitare le ultime fasi processuali per prescrizione del reato ma aveva deciso di rinunciare alla prescrizione perché voleva che fosse esclusa nel merito la sua responsabilità. Ora si andrà per la terza volta in Cassazione e si vedrà l’esito di questa ulteriore fase processuale.
Quello che suscita più che ragionevoli dubbi è il principio di “responsabilità oggettiva” attribuita anche a chi non ha commesso o a chi ha omesso atti colposi o dolosi, ma viene comunque condannato. Si tratta di una norma in contrasto con i princìpi costituzionali, a cominciare dal carattere personale della responsabilità penale. Se si può capire che ci sia una responsabilità oggettiva in campo civile, cioè che nel caso specifico che le Ferrovie debbano risarcire le vittime, è difficile capire perché una persona che non ha commesso o che ha omesso atti debba finire in galera. Oltre che la Cassazione, che si occupa della regolarità dei procedimenti giudiziari, la questione dovrebbe essere sottoposta alla Corte costituzionale, perché verifichi se c’è una incongruenza tra la responsabilità penale personale e quella “oggettiva”. Si tratta di una di quelle norme che per la loro genericità possono produrre interpretazioni diverse, come accade per la nota questione dell’abuso d’ufficio. Il sistema giudiziario deve essere basato su norme certe e precise, anche per evitare che inevitabili pressioni mediatiche o la comprensione per le vittime e i loro famigliari finiscano con l’influenzare il giudizio. Peraltro un’estensione incontrollata degli effetti del principio di responsabilità oggettiva può portare a delle paralisi decisionali perché gli amministratori possono temere che qualsiasi scelta fatta finisca per essere compresa in quella così generica definizione di responsabilità penale.