Nonsense post Covid

La scemenza collettiva che manda a processo il virologo Pregliasco, reo di aver fatto il suo lavoro

Marianna Rizzini

L'accusa di due cittadini, presso due diversi tribunali: aver provocato "angoscia" con una serie di interviste, e la richiesta di "danni biologici". Un giudice ha rinviato l'inizio del processo, l'altro ha dato ragione a Pregliasco. Resta il caso: la paranoia collettiva che fa di scienziati e medici i propri pungiball

Non fosse una storia vera, sarebbe puro teatro dell’assurdo. E invece trattasi di storia verissima, con ben due denunce e relativa richiesta di “danni biologici” per aver procurato angoscia in due cittadini a mezzo intervista, ai tempi del Covid, veicolando allarmismo senza fondamento e facendo quindi agitare i suddetti ricorrenti. E’ accaduto al professor Fabrizio Pregliasco, docente di Igiene all’università di Milano, direttore dell’Ircc Ospedale Sant’Ambrogio Galeazzi e presidenze di Anpas (Associazione nazionale pubbliche assistenze): due diverse denunce, seppure molto simili, e due giudici che reagiscono in modo diverso, uno spostando l’inizio del processo all’inizio del 2024, l’altro dando ragione a Pregliasco: il fondamento c’era, il Covid pure, le interviste fotografavano la verità.

 

Ma la sentenza non arriva al punto di ribaltare il tutto e dire che un simile ricorso non aveva alcun motivo di essere discusso, e che, di fatto, sono i due ricorrenti ad aver procurato una serie di inutili rotture di scatole (a Pregliasco) nonché di aver intasato di inutile lavoro il tribunale. Si vedrà al secondo processo, quello non ancora iniziato, ma il nonsense intanto è qui tra noi, sotto forma di paranoia collettiva, con venature superstiziose, paranoia abbattutasi su un bersaglio umano: il medico, lo scienziato, il divulgatore televisivo. Interpellato, Pregliasco appare ancora incredulo: davvero l’ottusità può manifestarsi in questa forma? Passo indietro: era il 2020, annus horribilis del Covid, e il professore – virologo – appariva su giornali e tv, in quei giorni di smarrimento e di buio sul da farsi, come voce autorevole cui chiedere lumi.

 
A Pregliasco, insomma, si domandavano informazioni sulla diffusione del virus e sul modo di farvi fronte, a monte delle campagne vaccinali (ancora di là da venire), e a valle del primo, durissimo lockdown. Il virus si diffondeva e, nell’autunno del 2020, dopo una pausa apparente, riprendeva piede, con tutte le conseguenze del caso (anche a livello di nuovo lockdown: il secondo, quello con le zone a colori). In tutti questi anni, anche usciti dall’emergenza, Pregliasco ha continuato a essere intervistato sul post-pandemia, e capita che dica: “Attenzione, i fragili si devono comunque proteggere” o “siamo di fronte a un Covid più buono ma comunque contagioso”.

 

Oggi come allora, cioè nel 2020, quando capitava che Pregliasco dicesse:  “I ristoranti sono un momento di pericolo” o “non si è riusciti a ridurre sufficientemente il numero dei contatti”. Faceva e fa il suo lavoro. Ma non per tutti è così. Ed ecco il secondo capitolo dell’assurdo: all’Ordine dei Medici sono arrivate richieste di radiazione per il virologo (prima una, poi molte, a grappolo). Motivo: Pregliasco è considerato colpevole, secondo questa sorta di scemenza collettiva, di aver fatto preoccupare chi non voleva preoccuparsi, sempre ai tempi del Covid.

 

Altra rottura di scatole inutile, stavolta non per un tribunale ma per il consiglio direttivo dell’Ordine — che si è comunque dovuto riunire e ha comunque dovuto istruire la pratica. Ma perché? “Siamo diventati dei pungiball a cui viene data la colpa di tutti i mali, invece che darla al virus. E c’è chi pensa che siamo pagati da qualcuno”, dice Pregliasco. Non bastasse il complottismo strapaesano, ci si mette la virulenza via web: sulla bacheca dei social network del virologo campeggiano sequele di improperi, anche fuori contesto e fuori tema, cioè persino quando Pregliasco posta informazioni sulla sua attività di volontariato, cosa che lascia sconcertati, a dir poco, alcuni colleghi del professore. Fatto sta che è come se all’internauta avvelenato scattasse il braccio del dottor Stranamore: dàgli a Pregliasco, con tutte le gradazioni: si va dal “muori” o “ti ammazzo”, roba da rivolgersi alla Digos, a, dice il virologo, “insulti a loro modo ingegnosi”. Tanto che, nella cerchia degli amici del professore, ormai è consuetudine l’atto di stilare periodica classifica delle offese più astruse e in tal senso persino divertenti. Finora restano in testa “sei un glande” e “vai a schiacciare i ricci col deretano”. C’è di peggio, dice Pregliasco: uno pensava che certi cialtroni non avessero più presa. E invece. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.