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la sentenza

La Consulta sblocca le indagini per l'omicidio di Regeni: gli imputati egiziani potranno essere processati

Redazione

I giudici della Corte Costituzionale accolgono il ricorso del gip di Roma: i quattro ufficiali dei servizi segreti accusati di aver torturato e ucciso il ricercatore non potranno sottrarsi al processo anche se irreperibili 

Il processo per l'omicidio di Giulio Regeni, in cui sono imputati Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abedal Sharif, tutti appartenenti ai servizi segreti egiziani, potrà andare avanti. Lo hanno stabilito i giudici della Corte costituzionale riunita in Camera di consiglio, che ha esaminato e accolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma.

Il caso era impantanato da aprile, da quando la Corte d'Assise di Roma aveva ritenuto impossibile giudicare i quattro imputati perché irreperibili ai fini delle necessarie notifiche giudiziarie. Secondo l'Avvocatura dello stato i quattro si stavano sottraendo al processo, complici le autorità egiziane che non collaborano con l'Italia per permetterle di rintracciare gli imputati. Per questo la procura aveva richiesto al giudice per le indagini preliminari di rivolgersi alla Corte costituzionale. 

Ora la Consulta ha reso noto che "la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell’imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa". Le motivazioni della sentenza non sono ancora state depositate. 

Il processo per il sequestro e l’omicidio del ricercatore, trovato morto il 3 febbraio 2016 in un fossato lungo la strada del deserto Cairo-Alessandria, potrà dunque avere luogo. I reati contestati sono quelli di sequestro di persona pluriaggravato, lesioni aggravate e concorso in omicidio aggravato.

"Grande soddisfazione", ha espresso il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi: "Aspettiamo le motivazioni per vedere come procedere sperando di trovare la parte civile al nostro fianco nelle fasi successive". 

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