l'intervista

"Il piano di Delmastro su carceri e dipendenze può funzionare, ma va corretto". Parla il garante dei detenuti

Enrico Cicchetti

Spostare i tossicodipendenti dalle celle alle comunità, come propone il sottosegretario, è una "proposta con una sua dignità", dice Mauro Palma. Ma "non bisogna confondere i problemi socio sanitari con quelli penali ed è importante differenziare tra reati. Il bianco o nero non funziona mai"

Per i detenuti con problemi di tossicodipendenza, ha detto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro al Messaggero, "sto lavorando a un provvedimento che immagina di coinvolgere il terzo settore, quelle comunità chiuse in stile Muccioli, per costruire un percorso alternativo alla detenzione". L'idea è quella di provare a risolvere l'annosa questione dell'affollamento svuotando le carceri di quel 30 per cento circa di detenuti tossicodipendenti e appoggiandosi a strutture private. Il testo "è in stesura", sostiene Delmastro, ma non è ancora possibile definire un cronoprogramma perché prima bisogna confrontarsi con gli attori in campo. "E' un percorso da condividere con il terzo settore per comprendere appieno la capienza strutturale. E con le Regioni che hanno la delega alla Sanità e dovranno certificare le cooperative e controllarne la gestione. Con loro e con la magistratura di sorveglianza aprirò un tavolo di dialogo". Come funzionerebbe, in breve? "Il giudice già in sentenza può sostituire i giorni di carcere indicati con un numero uguale presso una comunità protetta", ha spiegato il sottosegretario. "Cioè se vieni condannato a due anni puoi scontarli tutti lì. Se poi impieghi 8 mesi a disintossicarti, per il tempo restante la comunità ti aiuterà a formarti e a trovare lavoro". Ma attenzione, avverte, "la comunità sarà controllata 24 ore su 24, se scappi hai bruciato la tua seconda possibilità e sarai perseguito per il reato di evasione. E lo stato, come un buon padre di famiglia, non potrà più fidarsi. Su questo non transigo. Vede sono un giurista basico, incarno l’uomo medio. Ma è una posizione che rivendico perché è questa che ci fa prendere voti".

 

"Come garante sono abituato a misurarmi con proposte di politica penitenziaria, non con proposte pensate per 'prendere voti'. Mi sembra strano che un sottosegretario, che ha una funzione governativa, parli da esponente di partito", ribatte il garante dei detenuti Mauro Palma, sentito dal Foglio. "Se questa è la base della discussione decideranno gli elettori e le forze politiche. Ma sono sicuro – scherza Palma – che sia come sempre colpa della stampa: è il giornalista che ha riportato male". Al di là delle punzecchiature, nel merito del provvedimento il garante si dice possibilista – "la proposta ha una sua dignità", ammette –. E con i dovuti distinguo e alcune necessarie correzioni può funzionare. "In linea generale – sostiene Palma – non bisogna mai confondere i problemi socio sanitari con quelli penali. Mi lascia perplesso pensare a strutture ibride. Ma l'idea di fondo, il principio che muove l'azione del ministero va nella giusta direzione". Che poi sarebbe quella di provare a svuotare le stipatissime prigioni italiane (dove il tasso di affollamento ufficiale generale è pari al 109,2 per cento, e tuttavia è inferiore a quello reale vista la mancata considerazione dei posti letto inutilizzabili).

 

Però c'è un nodo che, secondo Palma, va sciolto: "Sarebbe bene evitare discorsi assolutistici: le situazioni dei detenuti con problemi di tossicodipendenze sono molto diverse, mentre Delmastro non sembra fare nessuna differenza. Ci sono persone in carcere per ciò che il comma 5 dell'articolo 73 del testo unico sulla droga definisce 'spaccio di lieve entità'. Per loro va ripensato completamente il percorso, tirandoli fuori dal carcere. Poi ci sono detenuti con dipendenze colpevoli di 'piccolo spaccio': per loro la comunità andrebbe molto bene, purché abbia una connotazione di presa in carico e non sia chiusa e dura. Poi ci sono detenuti con storie di dipendenza, spaccio e altri reati, per i quali serve un dialogo tra comunità e struttura penitenziaria, che è tuttavia inevitabile".  

 

Insomma, le parole chiave per Palma sono differenziare e personalizzare il più possibile. Lo stesso discorso, dice, vale poi anche per le comunità di recupero che sono un insieme variegato. "Ce ne sono a maggiore o minore intensità ed è giusto che esista questa scalettatura: il bianco o nero non funziona mai". Il sottosegretario fa bene invece, dice Palma, a pensare a un patto con le regioni. L'enfasi sul ruolo dei territori è importante. Basti pensare a un esempio che viene dalla cronaca recente: il 7 marzo, all'interno della Casa Circondariale di Rebibbia Femminile, a Roma, è morta una detenuta con gravi problemi di tossicodipendenze. "Si tratta di una persona che era stata dentro una ventina di volte, che entrava e usciva di galera. Dovremmo chiederci che cosa ha fatto per lei il territorio e se anche i servizi sanitari interni all'istituto non avrebbero potuto aprire un dialogo migliore. E dovremmo chiederci che cosa poteva fare il carcere per una persona come lei".

  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti