Bruno Contrada (foto d'archivio Ansa)

editoriali

Non c'è pace per Contrada

Redazione

Orrori giudiziari. La giustizia si impunta per non risarcire l’ex n° 2 del Sisde

Non c’è pace per l’ex numero due del Sisde, Bruno Contrada, condannato e incarcerato ingiustamente dallo stato italiano con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La Corte d’appello di Palermo ha infatti rigettato l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione formulata dalla difesa dell’ex numero due del Sisde, che a causa della vicenda ha scontato otto anni tra carcere e domiciliari. Contrada, oggi novantenne, venne arrestato la vigilia di Natale del 1992, con l’accusa infamante di concorso esterno in associazione mafiosa. Dopo essere stato assolto in appello, nel 2007 venne condannato in via definitiva a dieci anni di reclusione. La vita di Contrada venne  distrutta. Dopo oltre due decenni di fango, nel 2015 la Corte europea dei diritti dell’uomo dichiarò illegittima la sentenza di condanna, in quanto all’epoca dei fatti il reato non era ancora previsto dal nostro ordinamento giuridico, e condannò lo stato italiano a risarcire l’ex 007.

La Corte di cassazione annullò così la sentenza di condanna, dichiarandola “ineseguibile e improduttiva di effetti penali”, anche se Contrada ormai aveva già espiato per intero la pena. Riottenuto l’onore perduto, tramite il suo legale, l’avvocato Stefano Giordano, Contrada avanzò richiesta di riparazione per la detenzione subita e per il danno biologico, morale ed esistenziale patito da lui e dai  famigliari più stretti in  quegli anni. Inizialmente accolta dalla Corte d’appello palermitana (che aveva riconosciuto all’ex numero due del Sisde un indennizzo di 667 mila euro), la richiesta di riparazione è ora stata negata dalla stessa Corte, dopo un annullamento con rinvio della Cassazione. In altre parole, come evidenziato dal legale di Contrada, i giudici italiani intendono sottrarsi all’obbligo di esecuzione delle sentenze europee. Pronto un nuovo controricorso della difesa, ma una cosa è certa: la non civiltà della giustizia italiana non ha limiti, anche quando di mezzo c’è un ex funzionario delle istituzioni di 90 anni, con precarie condizioni di salute e vittima di errore giudiziario.

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