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Mafia Capitale non era mafia. Ecco perché

Ermes Antonucci

Depositate le motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 22 ottobre, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha escluso l’associazione mafiosa nel processo “Mondo di mezzo”

Il “Mondo di mezzo” non era mafia, ma semplice corruzione. Sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 22 ottobre, la sesta sezione penale della Corte di cassazione ha escluso l’associazione mafiosa nel processo “Mondo di mezzo”, la maxi inchiesta avviata nel 2014 dalla procura di Roma (allora guidata da Giuseppe Pignatone) e subito ribattezzata “Mafia Capitale” per la contestazione dell’associazione di stampo mafioso a molti imputati. Per anni l’inchiesta ha esposto la città di Roma e tutto il paese al ludibrio del mondo, aprendo la strada alla produzione di inchieste giornalistiche, libri e persino film. Il cuore pulsante del castello accusatorio è stato però abbattuto lo scorso ottobre, quando la Cassazione ha annullato senza rinvio la precedente sentenza della Corte d’appello di Roma con cui era stata riconosciuta la sussistenza dell’associazione mafiosa.

 

“La Corte – si legge in una nota della Suprema corte che anticipa il deposito delle motivazioni della sentenza – ha escluso il carattere mafioso dell’associazione contestata agli imputati e ha riaffermato l’esistenza, già ritenuta nel processo di primo grado, di due distinte associazioni per delinquere semplici: l’una dedita prevalentemente a reati di estorsione, l’altra facente capo a Buzzi e Carminati, impegnata in una continua attività di corruzione nei confronti di funzionari e politici gravitanti nell’amministrazione comunale romana ovvero in enti a questa collegati”.

 

La Corte, dopo aver specificato di non voler “affatto negare che sul territorio del comune di Roma possano esistere fenomeni criminali mafiosi”, demolisce in maniera radicale la tesi portata avanti per anni dalla procura di Roma: “I risultati probatori hanno portato a negare l’esistenza di una associazione per delinquere di stampo mafioso: non sono stati infatti evidenziati né l’utilizzo del metodo mafioso, né l’esistenza del conseguente assoggettamento omertoso ed è stato escluso che l’associazione possedesse una propria e autonoma ‘fama’ criminale mafiosa”.

 

Ad essere stato accertato, invece, “è un fenomeno di collusione generalizzata, diffusa e sistemica, il cui fulcro era costituito dall’associazione criminosa che gestiva gli interessi delle cooperative di Buzzi attraverso meccanismi di spartizione nella gestione degli appalti del Comune di Roma e degli enti che a questo facevano capo”. Insomma, corruzione sì, ma non mafia.

 

I giudici di Cassazione, quasi a non voler sconfessare eccessivamente l’operato della procura di Roma e le valutazioni della Corte d’appello, affermano comunque che “alla fine è stata confermata la responsabilità penale di quasi tutti gli imputati per una serie di gravi reati contro la pubblica amministrazione”. Una precisazione che non riesce in alcun modo a rendere meno esplicita la conclusione dell’intera vicenda: “Mafia Capitale” non era mafia.

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