Fragole, mango e ghirlande di fiori. A Roma la cucina giapponese è sempre più fusion

Al “Japan Food Festival”, accanto ai ristoranti tradizionali, spuntano il nippo-brasiliano e il nippo-hawaiano

Francesco Cocco

Si scrive “cucina giapponese”, ma si legge sempre più spesso nippo-brasiliano o nippo-hawaiano. Certo, al Japan Food Festival andato in scena domenica 28 aprile nel giardino di Borgo Ripa a Roma, non mancavano i ristoranti “tradizionali”, ma l'impressione è che la tendenza sia quella di una graduale apertura al fusion.

Ma soprattutto cucina giapponese comincia a voler dire anche “bere giapponese”. Perfino in una terra di vini e birrifici (artigianali e no) come l’Italia, la gente mostra curiosità per il sakè. E questo nonostante la bevanda, almeno nel nostro paese, sia spesso accompagnata da falsi miti (come la fama di avere una altissima gradazione alcolica mentre di solito è pari a quella del vino) e pessime abitudini, come quella di riscaldarlo inopinatamente al microonde senza abbinarlo ai piatti (la regola non scritta, ci spiega un “sakè educator” prevede “sakè freddo con piatto freddo, sakè caldo per un piatto caldo”).

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