Fragole, mango e ghirlande di fiori. A Roma la cucina giapponese è sempre più fusion
Al “Japan Food Festival”, accanto ai ristoranti tradizionali, spuntano il nippo-brasiliano e il nippo-hawaiano





Workshop di pasticceria giapponese en plein air

Il temaki, cono di alga nori ripieno di riso e pesce

Sushi con le fragole

Il sake educator, Luca Rendina

Proprio come il vino il sakè non va solo assaporato, ma anche osservato alla luce, e soprattutto, annusato



Esistono molte varietà di sakè. In generale, non va bevuto a fine pasto, come se fosse un amaro, ma durante il pranzo o la cena; e va abbinato ai vari piatti


Bacchette in azione a uno degli undici corner del Japan Food Festival di Roma
Si scrive “cucina giapponese”, ma si legge sempre più spesso nippo-brasiliano o nippo-hawaiano. Certo, al Japan Food Festival andato in scena domenica 28 aprile nel giardino di Borgo Ripa a Roma, non mancavano i ristoranti “tradizionali”, ma l'impressione è che la tendenza sia quella di una graduale apertura al fusion.
Ma soprattutto cucina giapponese comincia a voler dire anche “bere giapponese”. Perfino in una terra di vini e birrifici (artigianali e no) come l’Italia, la gente mostra curiosità per il sakè. E questo nonostante la bevanda, almeno nel nostro paese, sia spesso accompagnata da falsi miti (come la fama di avere una altissima gradazione alcolica mentre di solito è pari a quella del vino) e pessime abitudini, come quella di riscaldarlo inopinatamente al microonde senza abbinarlo ai piatti (la regola non scritta, ci spiega un “sakè educator” prevede “sakè freddo con piatto freddo, sakè caldo per un piatto caldo”).