Vittorio Possenti

Vittorio Possenti, ritorno all'essere

Davide D'Alessandro

Il filosofo romano chiude la trilogia iniziata nel 2004 con “Terza navigazione. Nichilismo e metafisica” e proseguita nel 2016 con “Il realismo e la fine della filosofia moderna”. Ha il coraggio di tornare indietro, non per mera nostalgia ma per ri-considerare e ri-prendere ciò che, a suo dire e pensare, ha ancora piena vitalità e pieno diritto di cittadinanza, mentre i tanti ismi, che sembravano dominanti, sono in crisi irreversibile

Ritorno all’essere. Addio alla metafisica moderna, edito da Armando, è l’ultima fatica di Vittorio Possenti, già ordinario di Filosofia politica presso l’Università di Venezia, membro di alcune Accademie e per molti anni del Comitato Nazionale per la Bioetica. Ultima, nel senso che chiude una trilogia iniziata nel 2004 con Terza navigazione. Nichilismo e metafisica e proseguita nel 2016 con Il realismo e la fine della filosofia moderna. Possenti si presenta subito con estrema chiarezza: «”Quello che prima si chiamava metafisica è stato, per così dire, estirpato fin dalla radice, ed è scomparso dalle scienze”. La diagnosi di Hegel può entro certi limiti valere anche oggi, quasi duecento anni dopo, in specie in riferimento a Nietzsche, Heidegger, Severino che hanno preteso che la metafisica (occidentale) sia finita. L’oggi filosofico sarebbe un tempo sconsacrato, privo di un “santuario metafisico” e fortemente secolarizzato».

Ha coraggio, Possenti. Il coraggio di tornare indietro, non per mera nostalgia ma per ri-considerare e ri-prendere ciò che, a suo dire e pensare, ha ancora piena vitalità e pieno diritto di cittadinanza. Se la modernità ha operato un taglio netto e profondo con l’essere, Possenti torna a opporre le idee di Tommaso d’Aquino (con Maritain uno dei suoi autori di riferimento), poiché ritiene che hegelismo, marxismo, positivismo e tanti altri ismi siano investiti da una crisi irreversibile. Per essere, Possenti, intende realtà e ritiene arbitrario, da parte di Hegel, Gentile e Severino iniziare da Parmenide con l’essere che è, mentre adotta la prospettiva di Aristotele e Tommaso, che partono dall’ente: «Per il pensiero dell’essere non c’è il nulla perché l’ente è formato da essere ed essenza».

Per il filosofo romano occorre rimettere al centro il tema della creazione: «Se l’idea di creazione si eclissa, questa prima rivelazione scompare e lo spazio speculativo e pratico viene occupato solo dall’uomo. Si apre così il campo all’antropocentrismo. Nella filosofia moderna il tema della creazione o è dato come presupposto o addirittura è del tutto assente. Dovrebbe invece trovarsi al centro della metafisica anche perché consentirebbe di capire come le teorie scientifiche abbiano poco a che vedere con la creazione. Stabilire che c’è un uovo primordiale da cui si sprigiona l’universo non basta a sciogliere il problema. Ammetterne l’esistenza non significa stabilire se questo uovo è stato creato o è lì da sempre».

Scrive Possenti: «Riprendere oggi la metafisica implica l’intento di andar oltre l’attuale chiusura nella finitezza, da cui notevole parte della filosofia non si è ancora liberata, senza che la concentrazione sul finito sia riuscita ad operarne una salvezza. Nel pensiero teoretico-contemplativo si esprime l’estraneità ad ogni pretesa che non sia quella del vero. Esso  mira in maniera privilegiata al vero e alla gioia che ne segue, annunciati già dal Socrate platonico nel dialogo Apologia di Socrate, in cui questi ritiene di continuare a filosofare nell’Ade. Vi è certo una radice morale della metafisica come una radice metafisica della morale, in cui ne va di noi e del nostro destino, senza con ciò ridurre la prima alla finitezza di proteggere e rassicurare dinanzi alla paura della morte: quanto viene cercato è la verità, non la sicurezza». E ancora: «Non pochi segnali indicano che è in atto un “ritorno al realismo” in varie scuole filosofiche attuali: personalismi ontologici e assiologici, fenomenologia, settori della filosofia della scienza e della filosofia analitica, posizioni critiche sul primato attribuito all’interpretazione. I discepoli della filosofia dell’essere, attestati su un realismo nativo in cui si sentono a casa propria, non possono che rallegrarsi di questo movimento, mentre ricordano con una punta di civetteria che nel loro caso non si tratta di ritornare al realismo dal momento che non l’hanno mai abbandonato. Vedono perciò con simpatia i pensatori e le scuole che si muovono in tale ambito, nell’attesa di un intenso dialogo».

Il libro affronta il problema della dialettica e del realismo, la svolta esistenziale della metafisica dell’essere, il concetto del nulla e lo statuto del nonens, passa attraverso essere e divenire, la tecnica e una diversa filosofia della tecnica, per approdare alla logica e alla metafisica e concludere con il ritorno all’essere, grazie a due capitoli fondamentali. Il primo, sul nichilismo europeo; il secondo, su Maritain e la dottrina realista del sapere. Avverte Possenti: «Né la filosofia né la metafisica si possono mettere da parte come un giornale ormai sgualcito e invecchiato. La metafisica detta “passata” ritorna in mille forme ed è meglio esserne consapevoli». Poi, per la pennellata artistica finale, si affida a Nicolás Gómez Dávila: «La metafisica è stata seppellita talmente tante volte che vien fatto di giudicarla immortale».