editoriali

La persecuzione che non piace ad Avvenire

Redazione

Sul dramma nigeriano, il quotidiano dei vescovi invita a “contestualizzare”

Anonima Nigeria, titolava ieri Avvenire, in prima pagina. Anonima perché?, verrebbe da pensare. Perché nessuno dà conto delle stragi quotidiane che avvengono lì, nel più popoloso paese africano? Anonima perché i massacri vengono sovente ridotti a effetti collaterali di crisi climatiche, accaparramento di risorse, lotte intestine e per lo più sociali? Anonima per un rimando all’Anonima sequestri di italica memoria? Per capirlo bisogna leggere l’articolessa del padre comboniano Giulio Albanese, espertissimo di questioni africane. La sua tesi è che non si deve parlare di caccia ai cristiani. E pazienza se questo è quanto gridano da anni vescovi, preti e cardinali locali. No, bisogna contestualizzare. Sempre e tutto.

 

Citasi dall’articolo di Avvenire: “Limitarsi a questa prospettiva di deprecabile azione anti cristiana (molto più limitata nell’ultimo quinquennio ma non per questo meno grave come dimostrano anche i sequestri di numerosi sacerdoti e pastori”), significherebbe ignorare una parte sostanziale del quadro. In molte regioni della Nigeria i sequestri sono oggi perpetrati anche – e talvolta soprattutto – da bande armate prive di un’ideologia religiosa, motivate invece da un intreccio di marginalizzazione sociale, povertà strutturale, corruzione sistemica e competizioni per il controllo delle risorse”.

 

La chiosa è scontata, pilatesca: “Raccontare in modo autentico il fenomeno dei rapimenti in Nigeria significa rifiutare il binarismo – jihadisti da una parte, popolazione inerme dall’altra – e riconsocere la coesistenza di molteplici Nigeria (…) Solo assumendo questa complessità è possibile cogliere il dramma autentico di un paese che chiede di essere ascoltato e compreso prima di venire travolto da giudizi e reazioni”. Già, la complessità. È sempre tutto complesso, alle nostre latitudini. Una complessità che sfugge, però, alle comunità che ogni giorno, a ogni ora, devono fare la conta dei propri morti e dei propri rapiti.

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