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Le proteste

E' un anno che i georgiani protestano, tra botte e carcere, per l'Europa

Ani Chkhikvadze

Nel paese la repressione è diventata sistematica, ora il leader di Sogno georgiano Ivanishvili ha anche iniziato a fare un'epurazione all’interno dell’élite al governo. L'obiettivo è eliminare le alternative, punire il dissenso e assicurarsi che ogni leva del potere porti a un solo uomo

Un anno fa, il giornalista Aka Zarkua si dirigeva verso il Parlamento georgiano per coprire le proteste seguite alla decisione del governo di sospendere il processo di adesione del paese all’Unione europea, in un paese in cui l’80 per cento delle persone sostiene l’integrazione con l’occidente. “Ho raccolto la mia attrezzatura e ho iniziato a muovermi lungo viale Rustaveli”, racconta. Alcuni uomini mascherati in uniforme lo hanno fermato, gli hanno ordinato di interrompere la diretta streaming e hanno iniziato a picchiarlo. Pochi minuti dopo, un altro gruppo lo ha accerchiato e lo ha aggredito. E’ riuscito a scappare solo quando sono arrivati altri giornalisti e chi abitava nei palazzi lì vicino hanno iniziato a gridare dai balconi. Zarkua è tra le decine di persone picchiate quella notte. Le unità speciali hanno prelevato i manifestanti, aggredendoli brutalmente per strada o nei furgoni.

 

Poco dopo quella notte, quello che era iniziata come un moto d’indignazione è divenuto un movimento di protesta per il futuro democratico della Georgia, e continua ancora oggi. Sogno georgiano, al potere dal 2012 e controllato dall’oligarca Bidzina Ivanishvili, ha risposto alle proteste con la forza, gli arresti di massa e la limitazione delle libertà. Lazare Maglakelidze, che studia a Roma, si è unito ai suoi coetanei davanti al Parlamento georgiano: “Ho visto i diritti che dio ha dato a milioni di persone portati via”, dice: “Dovevo fare qualcosa”. Era la mattina presto del 2 dicembre, quando la polizia antisommossa gli è corsa dietro mentre tornava a casa. Gli agenti lo hanno trascinato verso un furgone, colpendolo finché non ha perso conoscenza. “Mi hanno messo l'impermeabile sulla faccia e hanno continuato a picchiarmi al buio”, ricorda, il sangue colava dal suo impermeabile mentre veniva picchiato insieme agli altri nella stessa automobile. Oltre 400 persone sono state fermate solo nella prima settimana, e più di 300 denunciano pestaggi o torture. Successivamente, altre forze paramilitari legate al governo si sono unite, attaccando attivisti e media, impuniti. Oltre 60 manifestanti, molti dei quali appena ventenni, sono ancora oggi in carcere. Nei mesi successivi, il governo ha introdotto grosse multe, pari a 1.500 euro, per chi bloccava le strada, detenzioni di massa e accuse penali per “proteste ripetute”, che comportano fino a due anni di prigione. Elene Berikashvili ha trascorso quattro giorni in detenzione la settimana scorsa per “disobbedienza agli ordini della polizia”. Ha intenzione di continuare: “Ho ancora speranza che le cose possano cambiare. Ho bisogno di sapere che non mi sono arresa. I prigionieri del regime devono vedere che ci sono ancora persone che non smettono di protestare”.

 

Nel corso di quest’anno, la repressione è diventata sistematica. Nuove leggi limitano i raduni e la libertà di parola, e le critiche ai funzionari ora comportano rischi legali. Il partito al governo ha imposto una legge sugli “agenti stranieri” in stile russo, etichettando i gruppi finanziati dall’occidente come minacce, congelando conti e restringendo lo spazio per il dissenso. I tribunali approvano sempre più in automatico le richieste del governo. L’obiettivo, dicono gli attivisti, è sopprimere la protesta attraverso stazioni di polizia, tribunali, multe e paura. Otto leader di partiti di opposizione sono stati arrestati con vaghe accuse politiche, e il governo ha preso provvedimenti per mettere fuorilegge i tre principali gruppi di opposizione. “In un solo anno, Sogno georgiano ha sostanzialmente stabilito una dittatura”, dice Sergi Kapanadze, ex viceministro degli Esteri, e il governo ha anche iniziato a prendere di mira le università che non seguono la linea del partito al governo. “Dopo i media e la società civile, ora le università saranno ripulite dagli accademici che hanno un’idea di opposizione”, dice.

 

Ivanishvili ha anche iniziato a prendere di mira ex membri del sistema. Nell’ultimo anno, due ex primi ministri e diversi alti funzionari sono finiti sotto inchiesta. L’epurazione all’interno dell’élite al governo rispecchia una repressione più ampia: eliminare le alternative, punire il dissenso e assicurarsi che ogni leva del potere porti a un solo uomo. “Gli arresti dei suoi ex lealisti sono una conseguenza diretta delle proteste”, dice Maglakelidze: “La protesta è l’unica cosa che impedisce il pieno consolidamento del potere in Georgia. Ogni normale via politica che dovrebbe esistere in una democrazia è stata spazzata via”.

 

Sul piano esterno, il governo ha raddoppiato l’eco delle argomentazioni del Cremlino sulla guerra in Ucraina, permette a figure legate alla Russia di operare liberamente, e la Georgia è diventata un canale chiave per la riesportazione di beni soggetti a restrizioni verso la Russia. Allo stesso tempo, ha approfondito i legami con Pechino. Telecamere di sorveglianza cinesi ora costeggiano i percorsi delle proteste, le sue aziende sono integrate in progetti strategici, e Tbilisi ha firmato una nuova e ampia partnership strategica con la Cina.

 

In risposta, i governi occidentali hanno espresso preoccupazione ma hanno preso misure limitate. L’Ue ha sospeso alcuni finanziamenti, ma ha ritardato l’intervento sul regime dei visti, l’unico strumento che potrebbe fare pressione in modo significativo sulle persone al potere. Gli Stati Uniti hanno vietato i visti e hanno annunciato sanzioni limitate contro Ivanishvili, ma Sogno georgiano ha interpretato la mancanza di azioni più forti come un segno che può procedere senza che ci siano conseguenze. “Apprezziamo ciò che i nostri partner hanno fatto finora”, dice Giga Bokeria del partito filoccidentale Federalista. “Capiamo che è prima di tutto responsabilità del pubblico georgiano e della nostra classe politica continuare e ampliare la resistenza. Ma la pressione da parte dei nostri partner è stata incoerente e insufficiente”.

 

Un anno dopo, le folle sono più scarse, ma molti continuano a protestare. Il partito al governo sostiene che la protesta rischia di trascinare la Georgia in guerra, strumentalizzando la lotta dell’Ucraina contro la Russia per il controllo interno. Ma è un’argomentazione fragile. “Peggiorerà”, dice Bokeria, “prima di migliorare”.

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