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dagli stati uniti

L'economia di Trump rallenta davvero. Segnali da non ignorare

Mariarosaria Marchesano

I dati, nettamente inferiori alle attese del mercato, raccontano qualcosa di importante sullo stato di salute dell’America trumpiana, che ha giustificato le politiche protezionistiche con la necessità di ridurre il deficit commerciale e di valorizzare l’industria del paese

Ieri doveva esserci una valanga di dati macroeconomici americani per effetto dello shutdown che ha tenuto chiusi per quaranta giorni gli uffici federali, compresi quelli statistici. E’ arrivata una mezza valanga perché la pubblicazione di alcuni indicatori fondamentali, come il pil del terzo trimestre di quest’anno, l’inflazione e i dati sui consumi e sul commercio, sono stati rinviati alimentando il sospetto che il presidente Donald Trump stia facendo del tutto per tenere la Federal Reserve guidata da Jerome Powell “al buio” in vista dell’attesa riunione del 9-10 dicembre sui tassi d’interesse.

I dati che sono usciti raccontano, comunque, qualcosa di importante sullo stato di salute dell’America trumpiana, che ha giustificato le politiche protezionistiche con la necessità di ridurre il deficit commerciale e di valorizzare l’industria del paese. L’indice Pmi di Chicago è peggiorato a sorpresa a novembre scendendo a 36,3 punti dai 43,8 di ottobre. “Il dato è nettamente inferiore alle attese del mercato”, spiega al Foglio Filippo Diodovich, senior market strategist di Ig Italia. “E infatti si è vista subito una reazione negativa del dollaro e una, invece, positiva della Borsa poiché un peggioramento del settore manifatturiero potrebbe preludere a una fase di contrazione dell’economia e, quindi, incoraggiare la Fed a ridurre il costo del denaro”. Il brusco calo dell’indice Pmi di Chicago (insieme con quello pubblicato della Virginia, scivolato di 15 punti) è importante perché riflette l’andamento del settore manifatturiero di tutto il Midwest americano (vuol dire soprattutto auto e macchinari), l’area dove Trump è andato in campagna elettorale a promettere un grande rilancio. Insomma, è il termometro della pancia produttiva del paese che vuole vedere i risultati di America First.

“Le cose sembrano stiano andando nella direzione opposta”, prosegue Diodovich. “A novembre 2023 l’indice Pmi di Chicago era sopra 50 punti e ora è molto al di sotto dei 40, il che indica una fase di rallentamento delle attività economiche”. La notizia non fa piacere a Trump ma potrebbe giocare a suo favore per ottenere una politica monetaria più espansiva. “Che tipo di approccio adotterà la Fed dovrebbe dipendere da due dati significativi, l’inflazione, insieme con i consumi delle famiglie, e il pil del terzo trimestre. Solo che la pubblicazione del primo è stata rinviata al 5 dicembre, poco prima della riunione della Fed, e il secondo, il più importante, al 23 dicembre, il che vuol dire che la Banca centrale non avrà modo di valutarlo”. Come osserva Riccardo Trezzi, economista con esperienze alla Federal Reserve e consulente di fondi di investimento internazionali, in America si è creata una situazione paradossale: “Dal 1948 mai è accaduto che non venissero pubblicati dati economici ufficiali alle scadenze previste, neanche durante il Covid. Per Powell vorrà dire guidare un aereo nella nebbia cercando di farlo atterrare senza visibilità. Non si può escludere che alla fine prevarranno ragioni di opportunità politica e che la Fed taglierà i tassi, ma sarebbe la prima volta che una simile decisione verrà assunta in modo non completamente imparziale e indipendente”.

Del resto, secondo indiscrezioni di Bloomberg, Trump avrebbe già individuato il sostituto di Powell, l’attuale direttore del consiglio economico della Casa Bianca: Kevin Hasset, considerato “strettamente allineato” sulle politiche economiche. Trezzi spiega che il dato negativo sulla manifattura si contrappone alla riduzione a sorpresa dei sussidi di occupazione nell’ultima settimana e al fatto che i consumi delle famiglie americane non risultano diminuiti dalle rilevazioni di mercato sulla base dell’uso delle carte di credito. Inoltre, aumentano le richieste di mutui per l’acquisto di case e le licenze edilizie. Nel complesso, l’America di Trump sta crescendo o fa passi indietro? “Dal quadro che si sta delineando sulla base di dati parziali, credo che l’economia americana nel 2025 crescerà meno degli ultimi due o tre anni: quasi certamente non vedremo un pil al 3 per cento”. E questo inciderà sulle elezioni di Midterm del 2026: “Quella che si dovrebbe sentire più delusa è la classe produttiva”, conclude Trezzi. “Attenzione, però, parlo di imprenditori manufatturieri. Non solo quello di Chicago, ma tutti gli indici del settore nei vari stati stanno andando male al contrario del comparto hi-tech, che va a gonfie vele e sta trainando grandi investimenti”.