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Halal e homo
Dall'intersezionalità alla divergenza delle lotte: l'involuzione della gauche francese
La candidata dei Verdi, Sabrina Decanton si è ritirata dalle municipali a Saint-Ouen: la sua omosessualità è considerata incompatibile con il sostegno dei “quartieri popolari”, raccontando di aver dovuto affrontare episodi di omofobia all'interno del partito
Prima della finale di Champions League del 2022 allo Stade de France a Saint Denis, il campione di calcio Thierry Henry scioccò l’opinione pubblica dicendo: “Credetemi, non vorreste essere a Saint Denis, non è la stessa cosa di Parigi”.
A marzo in Francia si vota per le municipali. A Saint-Ouen, cinquantamila abitanti nella Seine Saint Denis, un comune noto per il mercato delle pulci e la dimensione “multiculturale”, la candidata dei Verdi, Sabrina Decanton, ritira la propria candidatura, perché la sua omosessualità è considerata incompatibile con il sostegno dei “quartieri popolari”.
In un comunicato stampa, Decanton ha raccontato di aver dovuto affrontare episodi di omofobia e “comportamenti e commenti inaccettabili” all’interno dei Verdi. “Il mio orientamento sessuale viene menzionato come un ostacolo alla mia candidatura e a una possibile vittoria” ha detto Decanton. “Alcuni ritengono che sia incompatibile con il sostegno dei quartieri, una posizione che considero stigmatizzante e discriminatoria”. Immaginiamo se una candidata omosessuale del Rassemblement national o dei Républicains fosse stata costretta a ritirarsi per l’omofobia nell’elettorale conservatore: apriti cielo! Invece su Decanton c’è molto imbarazzo. L’ex candidata a sindaco ha ricevuto il sostegno di Marine Tondelier, leader nazionale dei Verdi francesi, che ha detto: “La nostra diversità è la nostra forza”. Un gruppo di polizia Lgbt si è rifiutato di prende parte a una parata arcobaleno che doveva iniziare nella Seine-Saint-Denis per timori riguardanti la sicurezza. Anche questa ora è “diversità”.
La sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon e della Nouvelle Union populaire écologique et sociale lo ha capito. Fino a qualche anno fa, il tribuno della plebe era un mangiapreti, un laicista contrario ai veli e all’islamismo. Poi ha visto dove sono i voti che servono per arrivare al potere (a Saint-Ouen, Mélenchon ha preso il 71 per cento alle ultime elezioni presidenziali).
E così si passa dal principio di “intersezionalità nelle lotte” alla “divergenza delle lotte”, specie dopo che il mega sondaggio Ifop ha dimostrato che i musulmani francesi vogliono più sharia e meno laicità. E così la sinistra battagliera finisce nell’angolo: con quale minoranza stare? Halal o homo? Il cambiamento si è verificato dopo la sconfitta del 2017. A partire dall’estate, diverse voci all’interno della France insoumise, tra cui Éric Coquerel, deputato di Seine-Saint-Denis, hanno lanciato la teoria dei “600 mila voti”: “I 600 mila voti di cui Mélenchon ha bisogno per vincere si trovano nei quartieri popolari”. E lì sono andati a cercarli. Sacrificando un po’ di inclusione.
La sociologa francese Salima Amari ha rivelato in un libro che le donne omosessuali nei sobborghi ad alta densità migratoria sono costrette a nascondersi e a trasferirsi altrove se “vengono allo scoperto”. Prima una squadra di calcio di Crétéil (banlieue parigina) doveva giocare con una squadra di giocatori Lgbt. Alla vigilia della partita, il Paris Foot Gay riceve una mail dal club di Créteil: i giocatori della squadra, a maggioranza musulmana, rifiutano di scendere in campo. Anchequesta è “diversità”.
Greta Thunberg veleggiava verso Gaza con uno slogan: “Navighiamo verso un mondo libero da ogni forma di razzismo e oppressione”. Non proprio. Il coordinatore della Flotilla, Khaled Boujemâa, ha lasciato la missione per la presenza a bordo di Saif Ayadi, che si presenta come “attivista queer”. Decenni di decostruzionismo alla Foucault e non restano che tante minoranze inconciliabili. O per dirla con Michel Onfray sull’ultimo Journal du dimanche, “chi semina islamogoscismo raccoglie tempesta”.