L'editoriale dell'elefantino

Una questione di facce e parole, e chissenefrega di un cesso d'oro

Giuliano Ferrara

Guardate negli occhi le figure del dramma e ascoltate le parole:  valgono cento volte di più del sospetto di corruzione sugli amici di Zelensky. Guardate l’attore ebreo di Kyiv e i suoi nemici. Per scegliere avete bisogno della morale del pool di Milano?

Particolarmente significativa l’irruzione della corruzione ucraina nel calcolo dei fattori di guerra e di pace, di liberazione o capitolazione mascherata appena. Evidente l’intollerabilità etica del cesso d’oro in mezzo alle macerie e al prezzo delle macerie, una percentuale sulla difesa della patria. Chiaro che un potere di resistenza si indebolisce con il tradimento delle sue ragioni da parte di uno dei suoi circoli di influenza. La conseguenza è che il regime davvero fondato sulla corruzione, quello cleptocratico di Putin, che l’anticorruzione l’avvelena e la congela in Siberia, irride con atteggiamenti moraleggianti, in combutta con il regime ultracleptocratico dei Witkoff e soci di là dall’oceano, a una classe dirigente seduta su un water alla Cattelan. Il cesso d’oro è anche un vitello d’oro, cioè un idolo, una credenza, un tributo devoto a un simulacro di bene che è intimamente falso. 

 

Le persone che hanno la testa sulle spalle, e poi mettano il culo sul cesso che desiderano, dovrebbero capire senza tentennamenti che quattro anni di guerra, il tentativo di ridisegnare il potere in Europa e nel mondo, il revanscismo e il neoimperialismo, il numero spaventoso delle vittime, dei profughi, dei dolori, la gloria straordinaria della difesa di Davide contro Golia, tutto questo ha valore cento, quando un cesso d’oro e una fuga in latitanza di un corrotto, e anche un giro di corrotti pericolosamente vicino al governo di Kyiv, sono quantité négligeable, sono un valore pari a 0,1 per cento, oro o non oro. Ma ti pare che adesso, in un paese dove esistono e funzionano agenzie di trasparenza, tribunali, spazi democratici per la protesta e la censura, nonostante la legge marziale e il sacrificio del buio e del freddo, con il bombardamento sistematico, la penuria di intelligence e di armi, e il dramma dell’isolamento dal principale alleato che passa dalla parte del nemico, ti pare che dobbiamo applicare metri di giudizio da Procura di Milano, da salute morale della società civile? L’impressione di un alto livello di confusione e di rimbecillimento è netta, guardando a come girano oggi le cose, ma questo del bue che dà di corrotto all’asino in guerra, all’asino che scalcia e resiste con il suo raglio al cielo tra le fosse comuni e le macerie di una nazione oggetto di cannibalismo, bè, questo è francamente troppo. 

Se non ha accettato il passaggio a Palm Beach offertogli da Biden, quando i blindati di Putin hanno varcato il confine, chiedendo invece munizioni e armi, non vedo come il cesso d’oro di un collaboratore possa cambiare la statura morale di Zelensky e il giudizio generale sulla resistenza degli ucraini all’invasione in Europa. Poi c’è la questione delle facce e delle parole. Guardate il disfacimento, ma buffo, comico, e anche tragicamente simpatico, sul volto clownesco di Trump, il re ubuesque del mondo come è e si appresta ad essere. Guardate lo svaccamento dei lineamenti di Witkoff e Dmitriev, quell’abbondanza carnale di senso di sé e di cinismo che vale cento volte di più del sospetto di corruzione sugli amici di Zelensky. Guardate negli occhi le figure del dramma e ascoltate le parole, quell’accento solenne sulla scelta tra dignità e disfatta che affiorava nella astuta e nobile reazione del capo ucraino al trappolone architettato da Putin in russo e tradotto in inglese con l’intelligenza artificiale. Guardate il piccolo attore ebreo di Kyiv, la sua mimica sincera, disarmata e combattente, e i suoi nemici, e ditemi se per scegliere avete bisogno della morale del pool di Milano o di qualcosa d’altro che ci e vi riguarda da vicino, in quanto abitanti di un continente di confine con l’Ucraina cosacca e sovrana e la Russia autocratica del ceto medio imbambolato da un penoso demagogo liftato.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.