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Convincere o costringere?

Il voto obbligatorio che favorisce la destra, la lezione cilena per la sinistra

Luciano Capone

In Cile hanno provato la ricetta proposta da Malaguti: multa per chi resta a casa e non vota. Risultato? Urne piene e la destra al 70 per cento. Per i progressisti che sognano il voto obbligatorio come scorciatoia, la morale è semplice: attenzione a ciò che desiderate

Pochi giorni fa il direttore della Stampa, Andrea Malaguti, ha lanciato un’idea per combattere l’astensionismo e rivitalizzare la democrazia: “Penso che dovremmo votare tutti. Obbligatoriamente. Per legge. C’è un’elezione? Si va. Per forza. Chi sta a casa paga (provocazione)”. Se la politica non riesce a convincere con le buone (politiche) i cittadini allora deve farlo con le cattive. Sul tema è il caso di dare un’occhiata a cosa è successo in Cile dove, poche settimane prima delle elezioni presidenziali, è stato introdotto il voto obbligatorio: chi non vota è sanzionato con una multa tra 34.600 e 103.900 pesos cileni, ovvero tra 36 e 107 dollari americani.

Non è andata a finire come sperava il presidente Gabriel Boric: è stato il peggior risultato per la sinistra cilena dal ritorno alla democrazia nel 1990. La candidata di sinistra, la comunista Jeannette Jara, è arrivata prima con il 26,8 per cento e si scontrerà al ballottaggio con l’ultra-conservatore José Antonio Kast, che ha raccolto il 23,9 per cento. Ma i candidati di destra, dalla più moderata Evelyn Matthei al più estremo Johannes Kaiser, hanno raccolto insieme il 70 per cento dei voti (includendo anche il populista Franco Parisi). Un ruolo determinante lo hanno avuto proprio gli elettori costretti a votare. L’affluenza è quasi raddoppiata, passando dal 47 per cento delle presidenziali del 2021 (quando trionfò la sinistra radicale di Boric) all’85 per cento di oggi, ma i circa 5 milioni di “votanti obbligati” in più hanno scelto prevalentemente la destra, molto di più degli elettori abituali. Al ballottaggio del 14 dicembre non sembrano esserci molte speranze per la sinistra. Secondo i sondaggi (Panel ciudadano) Kast batte Jara 61 contro 39 per cento: tra gli elettori abituali il 49 per cento preferisce il candidato di destra e il 43 per cento quella di sinistra (il resto non sa), ma tra i “votanti obbligati” la percentuale sale al 62 per cento per Kast e crolla al 22 per cento per Jara.

Il voto obbligatorio in Cile è stato sperimentato anche nel referendum costituzionale del 2022 che, sull’onda delle proteste sociali e della vittoria della sinistra nel 2021, avrebbe dovuto archiviare la “Costituzione di Pinochet”: il plebiscito sancì il trionfo dei No che, con il 62 per cento, preferirono la costituzione del dittatore a quella nuova ultra-progressista.

Spesso a sinistra la convinzione che la destra vinca a causa dell’astensione: chi resta a casa è un elettore di sinistra deluso, basta trascinarlo alle urne per vincere. Non funziona così, se non hai nulla di meglio da offrirgli. Il caso cileno è un avvertimento contro la tentazione progressista di imboccare la scorciatoia del voto obbligatorio: attenzione a ciò che desiderate.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali