LaPresse

Rampolli immobiliari

Così lo sconosciuto tuttofare Bill Pulte ha conquistato Trump (e scontentato molti altri)

Matteo Muzio

Lo stile aggressivo del capo della Federal Housing Finance Agency più che ottenere risultati serve a compiacere il presidente, che premia più i fedeli degli onesti. E ad alimentare la macchina mediatica degli influencer Maga. Un approccio che non piace a chi pensa alla concretezza

A partire dallo scorso gennaio, la componente di esperti tecnici di fede repubblicana e conservatrice che in parte aveva caratterizzato la prima Amministrazione Trump è scomparsa. A restare sono i fedelissimi, che più manifestano pubblicamente le loro lodi, meglio è – soprattutto se accompagnate da cospicue donazioni. E’ il caso di uno dei tanti trentenni come Bill Pulte, classe 1988, simbolo della conquista dei millennial maschi e bianchi da parte della campagna di Trump.

 

Pulte però non è una figura qualunque: l’attuale capo della Federal Housing Finance Agency è stato scelto a gennaio dopo aver finanziato con centinaia di migliaia di dollari la corsa del tycoon alla Casa Bianca e per i suoi elogi sui social, dove definisce Trump “il più grande presidente della storia”, implicando quindi che George Washington e Abraham Lincoln siano un paio di gradini sotto a Trump. Iperboli che contano poco, se poi vengono premiate con la guida di un’agenzia creata nel luglio 2008 da George W. Bush per fronteggiare la crisi dei mutui subprime. E i poteri dell’agenzia, nelle mani di Pulte, sono stati impiegati in modo ben diverso dalla loro funzione originaria: dall’allentamento delle regolamentazioni introdotte allora a protezione dei consumatori fino alla proposta (e sbeffeggiata all’istante) introduzione dei mutui cinquantennali. Fin qui si rimane nel campo delle scelte politiche discutibili.

 

Più grave è l’accusa rivolta a Pulte di utilizzare i dati raccolti dall’ente, che tramite i colossi finanziari Fannie Mae e Freddie Mac sovrintende alla metà dei prestiti immobiliari del paese, per colpire e dossierare i nemici del presidente. Un atteggiamento che ha irritato anche membri della cerchia ristretta del leader, come il segretario al Tesoro Scott Bessent, con il quale sarebbe quasi arrivato allo scontro fisico in un paio di occasioni. Alcuni chiedono che venga sostituito, ma per uno come Trump che notoriamente premia i più fedeli sopra gli onesti, tutto è perdonato, e per ora lo difende. Del resto Pulte ha coltivato con cura i suoi rapporti: grazie ai contatti con lo storico consulente politico repubblicano Roger Stone e con Trump Jr., ha cenato più volte a Mar-a-Lago nel 2024, forte del suo background di rampollo del costruttore William J. Pulte, suo nonno, fondatore dell’azienda omonima di costruzioni da cui però Bill Junior si è allontanato nel 2020 a causa di disaccordi con gli altri familiari. Credenziali di ricchezza stratificata nel settore immobiliare che sono sempre un ottimo viatico per farsi ascoltare da Trump.

 

E Pulte sa farsi ascoltare. A settembre, durante una partita di golf, è riuscito a convincere il presidente a spingere alle dimissioni Erik Siebert, procuratore del distretto orientale della Virginia, scelto da Donald Trump su consiglio dell’entourage del governatore dello stato, il repubblicano Glenn Youngkin. Nonostante stesse lavorando molto bene su dossier come i crimini delle gang latinoamericane, è stato accusato da Pulte di essere stato scelto dai due senatori dem dello stato Mark Warner e Tim Kaine, perché non riusciva a tirare su un caso giudiziario contro uno dei grandi nemici del presidente, l’ex direttore dell’Fbi James Comey. Ed ecco che allora Trump costringe alle dimissioni una persona scelta da lui perché non abbastanza fedele. La persona che gli succede, Lindsey Halligan, proveniente dal suo team privato, invece, ci riesce eccome. Difficile che il processo regga di fronte a una giuria e data l’aleatorietà delle prove a suo carico di aver “cospirato contro il presidente”.

 

Un’altra accusa frequente usata da Pulte invece è quella di “frode finanziaria” nell’ottenimento di un mutuo, lanciata contro la procuratrice generale dello stato di New York Letitia James, il senatore dem californiano Adam Schiff e il membro del board della Federal Reserve Lisa Cook, che Trump per questo pretende di poter rimuovere “per giusta causa”, anche se non è chiaro se possa farlo o meno e presumibilmente sarà la Corte suprema a esprimersi nei prossimi mesi. Uno stile aggressivo che più che ottenere risultati serve a compiacere il presidente e ad alimentare la macchina mediatica degli influencer Maga. Un approccio che non piace a chi, nell’Amministrazione, pensa a ottenere risultati concreti. Pulte, a quanto pare, non è fra loro: la crisi abitativa sembra essere l’ultimo dei suoi pensieri.