Amicizie imbarazzanti
Il caso Epstein ha fatto un'altra vittima postuma, e non è Trump. Il “ritiro” di Larry Summers
L’ex rettore di Harvard lascia la vita pubblica dopo l’uscita delle email col finanziere pedofilo. Nessun reato, ma cene, favori e perfino consigli sentimentali. Ora il Congresso vuole pubblicare nuovi documenti. Il presidente, citato duemila volte e più, non appare mai in uno scambio diretto
Il caso Epstein ha fatto un’altra vittima postuma, e ancora una volta non si tratta di Donald Trump. Larry Summers, ex segretario al Tesoro durante l’Amministrazione Clinton, ex direttore del National Economic Council durante l’Amministrazione Obama, ex rettore di Harvard e oggi membro del board di OpenAI oltre che professore di Harvard e collaboratore di numerosi centri studi, si è ritirato dalla vita pubblica perché si “vergogna profondamente” dei suoi rapporti con il finanziere pedofilo che sono più dettagliati in seguito alla pubblicazione di migliaia di email di Epstein.
Summers ed Epstein si incontravano spesso a cena, il secondo cercava spesso di mettere il primo in contatto con personalità di spicco a livello mondiale (cosa che faceva un po’ con tutti), Summers ha viaggiato almeno quattro volte sul famigerato aereo privato del finanziere, e gli ha anche chiesto donazioni milionarie per le attività di sua moglie, Elisa New, professoressa emerita di Harvard. In un’email inviata subito dopo la prima elezione di Trump nel 2016, Summers disse a Epstein di “non sprecare energie” con il presidente per qualsiasi cosa lo riguardasse, “meglio stare a un milione di chilometri di distanza”. Ma non è di questo che Summers si vergogna. Tra la fine del 2018 e l’estate del 2019, fino a pochi giorni prima del suicidio in carcere di Epstein, Summers si era rivolto a lui per chiedergli consigli su come conquistare una donna (un’allieva, la definisce Summers, ma sembra che sia una professoressa della London School of Economics, figlia di un funzionario del Partito comunista cinese e fondatore dell’Asian Infrastructure Investment Bank con cui Summers aveva legami) che gli piaceva. A svelare tutti i dettagli è stato l’Harvard Crimson, che è il giornale degli studenti dell’università che Summers ha diretto e di cui è ancora professore, ma che non ama affatto l’ex rettore, non ultimo a causa delle molte critiche che Summers ha fatto al campus e agli studenti durante le proteste contro Israele. Summers aveva 64 anni allora ma riporta le cose che la donna gli diceva come se fosse un adolescente ed Epstein gli rispondeva con consigli da adolescente.
E’ piuttosto chiaro perché oggi Summers sia tanto imbarazzato da volersi ritirare a vita privata (vita privata che sarà un inferno, visto che la moglie è sempre la stessa dal 2005), ma è altrettanto chiaro che non ci siano reati – la stupidità o il restare adolescenti pure a 70 anni non lo sono. C’è un’amicizia con una persona che invece di reati ne ha commessi parecchi, che ha costruito una rete di donne di cui abusava e che offriva ai suoi amici per abusarne, che è riuscito, dopo la prima condanna, a fare soltanto pochi mesi di carcere e poi ha reiterato i suoi reati, rovinando la vita di moltissime donne – parecchie minorenni – che ancora oggi chiedono giustizia.
L’amicizia è il punto: Peter Mandelson, che è stato uno degli architetti del New Labour blairiano e che era stato nominato l’anno scorso ambasciatore britannico a Washington, in uno dei momenti più delicati della “special relationship” angloamericana, si è dovuto dimettere dal suo incarico dopo che sono emersi i dettagli del suo rapporto di amicizia con Epstein. Feste di compleanno insieme, incontri con politici di tutto il mondo, biglietti di auguri e poi, quando sono iniziati i guai giudiziari del finanziere un’offerta di aiuto tramite consigli legali. Dimettendosi Mandelson ha usato le stesse parole di Summers: “Errore di giudizio” (il professore americano ci aggiunge anche il “rimorso”). Il filo dell’amicizia è lo stesso che porta a Trump: nessuna delle vittime di Epstein ha accusato il presidente americano di abusi o molestie; molte hanno parlato della sua presenza nelle case di Epstein in cui si consumavano le violenze, e Trump ha cambiato versione sulla questione, prima dicendo che non sapeva nulla e che la sua amicizia con Epstein è finita presto (litigarono nel 2005) e poi dicendo che invece il finanziere aveva cercato di tirare nella sua rete di abusi donne che lavoravano a Mar-a-Lago. Trump che cambia versione non è una novità e in particolare sul caso Epstein le sue giravolte sono state clamorose – ha alimentato la teoria del complotto sulla “lista dei clienti” del finanziere salvo poi dire che la lista era una bufala inventata dai democratici per danneggiarlo – ma forse, a giudicare dal suo ultimo calcolo, ora pensa che tutti gli amici di Epstein sono o finiranno nei guai, tranne lui.
Ora con il voto al Congresso per la pubblicazione di altri documenti, si capirà se Trump ha fatto i conti giusti, ma intanto il bilancio è a suo favore. Tanto che se ne sta già approfittando: ai democratici imbarazzatissimi che chiedono di cancellare Summers si è aggiunto un funzionario dell’Amministrazione Trump che in forma anonima ha detto a Politico che OpenAI, Bloomberg News con cui collabora e Harvard dovrebbero licenziare immediatamente Summers, “l’ambasciatore Mandelson si è dimesso per molto meno”. I trumpiani ostentano sicurezza: il Wall Street Journal ha calcolato che Trump viene menzionato circa milleseicento volte in 2.324 email di Epstein. Ma non c’è nemmeno uno scambio diretto tra i due.