Ansa
cambio di strategia
Trump cambia idea sul caso Epstein per paura di perdere voti al Congresso
Per evitare una frattura con la base repubblicana, il presidente accetta di far pubblicare tutti i documenti che riguardano l'imprenditore americano, dopo mesi di pressione da parte della sua stessa maggioranza. E scrive su Truth di "non avere nulla da nascondere"
Donald Trump, dopo mesi di ambiguità, si è dichiarato favorevole a rendere pubblici tutti i documenti in possesso del Dipartimento di Giustizia riguardanti il caso Jeffrey Epstein: su Truth, il social di sua proprietà, nella serata di domenica ha scritto di “non avere nulla da nascondere”. Il cambio di posizione arriva nel momento in cui la Camera è pronta a votare una mozione per costringere l’amministrazione a rilasciare i documenti, presentata congiuntamente dal repubblicano Thomas Massie e dal democratico Ro Khanna: secondo fonti ottenute da POLITICO, il presidente avrebbe rischiato di perdere più di cento deputati, e per questo avrebbe preferito dichiararsi favorevole alla richiesta di trasparenza giunta dal Congresso.
Il rapporto di Trump e della sua base con il caso Epstein, seppur esploso negli ultimi mesi, affonda le sue radici sin da subito dopo il suicidio in carcere del miliardario accusato di traffico sessuale e abuso di minori: Trump, infatti, pochi giorni dopo la morte di Epstein ha condiviso un tweet in cui si implicava che i Clinton avessero qualcosa a che fare con la sua morte. A partire da quel momento, il caso Epstein si è ammantato di innumerevoli teorie del complotto, tutte basate sull’idea che fosse stato ucciso per evitare che rivelasse segreti e complotti dell’elite democratica. Poco prima delle elezioni del 2024, a Trump venne chiesto se avesse intenzione di rendere pubblici i documenti del caso Epstein, nel caso fosse stato eletto: una domanda a cui il presidente ha risposto in modo evasivo, affermando che “ci potrebbero essere cose false, e questo distruggerebbe la vita di molte persone”. Tuttavia, non appena si è insediata alla Casa bianca, la procuratrice generale Pam Bondi ha organizzato una conferenza stampa a cui ha invitato alcuni influencer conservatori favorevoli alla trasparenza sul caso Epstein per dare loro alcuni documenti non ancora resi disponibili al pubblico. Nonostante questo supporto iniziale, alcuni mesi dopo Bondi ha affermato che riteneva il caso chiuso: nel frattempo, Elon Musk, recentemente allontanato dall’amministrazione, scriveva su X che il governo stava insabbiando tutto perché il nome di Trump era presente nei documenti riguardanti Epstein.
Queste due notizie hanno infiammato la base repubblicana, che per la prima volta ha evidenziato uno scollamento da Trump, fino a quel momento mai messo in discussione. L’influencer Laura Loomer, molto vicina al presidente, ha accusato Bondi di “coprire la pedofilia” e anche la deputata Marjorie Taylor Greene, definita negli anni una trumpiana radicale, ha chiesto piena trasparenza. Nel frattempo, Trump ha cercato di cambiare discorso varie volte, affermando che i repubblicani stavano cadendo in un tranello orchestrato dai democratici, che le notizie su Epstein fossero false e che bisognava concentrarsi sui problemi degli Stati Uniti. Non è però bastato: alla Camera alcuni repubblicani si sono schierati coi democratici per chiedere il rilascio di tutti i documenti, mentre sulla stampa sono apparse sempre più speculazioni sulla vicinanza tra i due. Negli ultimi sviluppi, i democratici hanno reso pubbliche alcune mail di Epstein, in cui scriveva che Trump “sapeva delle ragazze”.
L’alleato principale di Trump alla Camera, lo speaker Mike Johnson, ha cercato di rallentare il possibile voto al Congresso. Prima, complice lo shutdown, ha bloccato le attività legislative per otto settimane, una mossa inusuale giustificata dal mancato accordo tra le parti al Senato. Poi, sempre adducendo lo shutdown come motivazione, si è rifiutato fino al termine della settimana scorsa di ammettere alla Camera la deputata democratica Grijalva, eletta con una suppletiva tenutasi il 23 settembre, e che aveva affermato che avrebbe firmato per chiedere all’amministrazione di pubblicare tutti gli atti su Epstein. Ancora pochi giorni fa, Johnson e Trump hanno tentato di convincere due deputate repubblicane a ritirare la loro firma dalla richiesta, senza successo. A quel punto, Trump ha capito di non avere la Camera dalla sua parte e ha deciso di dichiararsi favorevole al rilascio dei documenti, in modo da arginare la defezione in corso.
Quando il voto passerà alla Camera approderà al Senato, dove non c’è certezza di come si voterà: Chuck Schumer, il leader democratico, ha affermato che “se Trump ha cambiato idea, basterebbe che rilasci i documenti, senza che venga costretto a farlo da una legge”. Comunque prosegua la storia, è la prima volta in questo secondo mandato che Trump è stato costretto a cambiare strategia per evitare importanti defezioni al Congresso.