(foto Ansa)
editoriali
Sarkozy scarcerato: perché per molti l'esecuzione provvisoria è stata sproporzionata
Disponendo la scarcerazione, la Corte d'appello ha detto che non esisteva alcun rischio di fuga e recidiva da parte dell'ex presidente francese. Il nodo della libertà vigilata e un nuovo punto di partenza per un'evoluzione garantista sul tema
Dopo venti giorni alla Santé, l’ultimo istituto penitenziario di Parigi, l’ex presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy è stato scarcerato. Oggi la Corte d’appello ha accolto favorevolmente la richiesta di scarcerazione presentata dagli avvocati di Sarkozy il giorno stesso del suo ingresso alla Santé, lo scorso 21 ottobre. Per i magistrati non sussiste “alcun rischio di occultamento di prove, di pressioni, di rischio di collusione” nell’ambito dell’affaire sui presunti finanziamenti libici per il quale è stato condannato a cinque anni con “esecuzione provvisoria” lo scorso 25 settembre. In attesa del processo di appello, previsto a marzo, l’ex leader gollista torna dunque in libertà, ma sarà sottoposto a uno stretto controllo giudiziario: braccialetto elettronico, divieto di lasciare il territorio francese, ma anche di incontrare testimoni e coimputati, così come l’attuale ministro della Giustizia Gérald Darmanin.
La scarcerazione è stata accolta con entusiasmo dalla sua famiglia politica, ma allo stesso tempo ha ravvivato il dibattito sull’uso (o sull’abuso?) dell’esecuzione provvisoria, la norma che prevede l’applicazione immediata della pena in attesa della sentenza d’appello. Per molti l’esecuzione provvisoria ai danni di Sarkozy decisa in primo grado è stata una misura sproporzionata, che ha sbattuto in carcere un ex presidente e presunto innocente, con danni evidenti per la Francia in termini di immagine. A maggior ragione perché oggi la Corte d’appello ha detto chiaramente che non esisteva nessun rischio di fuga e recidiva. Il giorno dell’incarcerazione, l’attuale presidente francese Emmanuel Macron disse che il dibattito sull’esecuzione provvisoria è “legittimo in una democrazia, perché tutti desiderano che ci siano vie di ricorso e di appello”. L’affaire Sarkozy-Libia potrebbe essere un punto di partenza per un’evoluzione garantista su questo tema.