L'ora del delfino
Jordan Bardella si è emancipato dalla mentore Le Pen e ora non vuole più attendere
“Le devo gran parte di ciò che sono”, scrive Bardella di Le Pen nel suo primo libro. Un anno dopo, in “Ce que veulent les français” la cita una volta sola. Il sovranista pressé è pronto all’Eliseo
La madrina del sovranismo francese, Marine Le Pen, aveva aspettato sei anni tra la pubblicazione della sua autobiografia, “À contre-flots”, uscita nel 2006, e il suo libro-programma da candidata all’Eliseo, “Pour que vive la France”, pubblicato per le presidenziali del 2012. Il suo delfino, Jordan Bardella, non ha lo stesso tempo a disposizione: in caso di conferma in appello dell’ineleggibilità della sua mentore, condannata lo scorso marzo per appropriazione indebita di fondi europei, sarà lui a raccogliere la bandiera dell’estrema destra per provare a issarla nel 2027 non a Matignon, sede del governo, ma all’Eliseo. A dodici mesi di distanza dal suo primo libro, “Ce que je cherche”, il giovane presidente del Rassemblement national (Rn) torna nelle librerie con “Ce que veulent les français”, un testo che sancisce l’emancipazione da colei che l’ha forgiato e lanciato nella politica che conta, quando era solo un ragazzino con la passione dei videogiochi cresciuto nella banlieue multietnica di Drancy, nella Seine-Saint-Denis. Il nome di Marine Le Pen figura una sola volta in 400 pagine. Decisamente poco per chi, a 16 anni, entrò in politica dalla porta dell’estrema destra “più per Marine Le Pen che per il Front national”, come disse in un’intervista al Journal du dimanche del 2019. In “Ce que je cherche” Bardella le aveva dedicato un intero capitolo, intitolato “Marine”: dodici pagine di elogi e parole di gratitudine per la tre volte candidata alle presidenziali, oggi capogruppo dei deputati Rn.
Il 2027 è un’occasione unica per fare il colpo grosso, stracciare ogni record e diventare il più giovane presidente della Repubblica della Cinquième
“Le devo gran parte di ciò che sono diventato”, scrisse Bardella, attaccando coloro che cercavano di “destabilizzare il nostro tandem, alimentando inimicizie, se non addirittura rivalità immaginarie”. Ma a un anno di distanza, agli occhi di Bardella, “Marine” è una leader sul viale del tramonto da cui è meglio allontanarsi e il 2027 è un’occasione unica per provarci, per fare il colpo grosso, stracciare ogni record e diventare il più giovane presidente della Repubblica della Cinquième. “Questo libro non è mio, ma dei francesi. E’ il racconto di un viaggio nel paese profondo”, ha detto lo scorso 28 ottobre al Théâtre Marigny, a due passi dall’Eliseo, quando è salito da solo sul palco per presentare il libro davanti allo stato maggiore del partito, compresa lei, Marine. “Ho viaggiato per diversi mesi da solo, senza giornalisti, con un solo taccuino come bagaglio”, ha raccontato.
A metà tra cahier de doléances e manifesto programmatico, “Ce que veulent les français” è meno introspettivo del primo tomo e si articola in venti capitoli, ciascuno dedicato a una professione, a una traiettoria, a una storia di vita, a un rappresentante di quella che Bardella chiama la “Francia dei dimenticati”: dall’operaio siderurgico all’ex campione mondiale di karate, dall’infermiera liberale che vive in Guadalupa al capo di un’impresa di ponteggi impegnato nel “cantiere del secolo” di Notre-Dame, dal sindaco di un piccolo comune rurale a un ufficiale della gendarmeria che ha partecipato all’assalto del Bataclan il 13 novembre 2015. “Questo libro non è solo una raccolta di confidenze: è lo specchio di un popolo dimenticato, la voce autentica di una Francia che le élite disprezzano e rifiutano di ascoltare”, si legge nella quarta di copertina. Quella di Bardella non è la radiografia della Francia, ma di una certa Francia, dove l’unica diversità celebrata è quella professionale: solo l’immigrazione italiana ha voce in capitolo, attraverso le vicende della madre piemontese, Luisa Bertelli, e del proprietario del ristorante Iannello, nel Sedicesimo arrondissement di Parigi, dove è solito andare a mangiare. La prima è “quella a cui deve tutto”, come scrive nell’ultimo capitolo, “Maman”. “Cosa direbbe mia madre al presidente della Repubblica? ‘Mi piacerebbe dirgli di aumentare i salari dei piccoli funzionari pubblici, di pensare un po’ a noi’. Cosa pensa dei dibattiti ricorrenti sul numero di funzionari? ‘Sul campo, ne mancano. Negli uffici, probabilmente, ce ne sono troppi! Bisogna riportare ordine!’. E la Francia in tutto ciò? ‘Resterà il paese che mi ha dato da mangiare e che mi ha permesso di far crescere mio figlio’. Una frase che dice molto, nonostante la fatica, i grandi sacrifici e la piccola pensione. Con dignità, umilmente, mia mamma ama questo paese che ha servito con gesti semplici”, è il resoconto che fa Bardella del colloquio con la madre. Il capitolo su Corrado Iannello, immigrato italiano nato a Tropea che ha fatto fortuna a Parigi nella ristorazione, è invece un imbarazzante concentrato di stereotipi sull’Italia.
I “molti punti in comune” con Éric Zemmour, che da candidato alle presidenziali proponeva di creare un ministero della Remigrazione
Mangiare nel suo ristorante a Parigi, scrive il leader sovranista, gli ricorda le sue “origini italiane”, “la pasta all’amatriciana”, “l’olio d’oliva abbondante”, “l’odore del pane caldo”, “le mamme silenziose”, “i campi di cipolle rosse e le estati che profumano di dolce vita”. Poi la solita litania contro Parigi, “che non è più come una volta”, dove sarebbero spariti “i bistrot popolari, quelli dove si beve il kir al bancone e ci si riuniva attorno al flipper con gli habitués” (per la cronaca, esistono ancora, in ogni arrondissement). “Oggi tutta la città assomiglia a un cantiere (…). Prima con mia moglie, camminavamo sui lungosenna. Incontravamo sempre qualcuno con cui scambiare due chiacchiere. Ora, la mattina, portando il cane a passeggio, si è obbligati a cambiare marciapiede. Ci sono solo bottiglie rotte e persone che ti guardano male. Molte strade sono sporche e ho l’impressione che le persone siano più aggressive di prima”, dice Corrado Iannello. Ma nonostante le lamentele, afferma il presidente di Rn, “Corrado ama la Francia. Quella che lavora. Quella che si sostiene a vicenda”. E’ da anni che Bardella mette in rilievo le sue origini italiane: un modo per respingere le accuse di xenofobia che vengono regolarmente mosse nei suoi confronti in quanto frontman del partito dei “français d’abord”, prima i francesi, uno strumento di campagna, soprattutto nei quartieri popolari da cui proviene. Ma per Bardella, appunto, c’è un’immigrazione “buona”, venuta dall’Italia, sorella latina e cattolica, ma anche dalla Spagna, dal Portogallo e dalla Polonia, e una “meno buona”, più tardiva, che è l’immigrazione dei paesi del Maghreb e più in generale dei paesi di cultura musulmana. Dell’immigrazione extra-europea che ha fatto la Francia tanto quanto l’immigrazione italiana, spagnola, portoghese, polacca, non c’è infatti nemmeno l’ombra nella galleria di ritratti di “Ce que veulent les français”. A conferma di una xenofobia soggiacente che lo accomuna al polemista incendiario, ex giornalista del Figaro e leader della destra identitaria di Reconquête Éric Zemmour. Nel 2021, non a caso, Bardella disse di avere “molti punti in comune” con Zemmour, che da candidato alle presidenziali proponeva di creare un ministero della Remigrazione, ossia un dicastero dedicato all’espulsione degli “stranieri indesiderati”, e che è stato pluricondannato per incitamento all’odio alla discriminazione razziale e all’odio religioso verso i musulmani.
Ogni protagonista, ogni percorso personale, è utilizzato dal presidente di Rn per far passare le proprie idee. Bernard Di Maio, il pescatore di Sète di origini napoletane, che lavora 95 ore a settimana a bordo del peschereccio l’Odyssée, è il pretesto per attaccare l’Unione europea, vecchia ossessione del partito lepenista. “E’ semplice, l’Unione europea vuole ucciderci. Ho l’impressione che chi scrive le regole non abbia mai messo piede su un peschereccio”, dice Bernard durante la sua chiacchierata con Bardella. E il leader di Rn, tra una sfuriata e l’altra del suo interlocutore, aggiunge una riflessione personale. “C’è nella storia di Bernard molto più di un percorso da pescatore. C’è una frattura tra quelli che producono e quelli che decidono dai loro uffici. Vogliamo ancora produrre quello che consumiamo? O vi abbiamo già rinunciato? Un paese che non ha più pescatori, agricoltori, allevatori, non è più un paese sovrano. E’ un paese dipendente, sotto flebo, in balìa delle navi industriali e dei trattati commerciali spesso firmati dall’Unione europea contro gli interessi della Francia”, scrive Bardella. Attraverso François, un agricoltore del Loiret, Bardella mena sciabolate contro “il libero mercato”, altra battaglia storica del partito frontista, smentendo chi cerca di accreditarlo come un leader più liberale di Marine. L’incontro è avvenuto durante la campagna per le legislative anticipate del 2024, quando il giovane presidente frontista, uscito vittorioso dalle elezioni europee come capolista di Rn, si vedeva già a Matignon, primo ministro, finendo invece per scontrarsi con l’esito delle urne che spensero bruscamente le sue ambizioni. “François evoca senza sosta le norme europee sconnesse dalla realtà, i testi freddi che combatto a Bruxelles in nome di un’indispensabile pausa normativa”, scrive l’eurodeputato sovranista. “Ci sono anche le fatture dell’energia che sono aumentate alle stelle; i trattati di libero scambio ingiusti, negoziati contro l’interesse dei nostri agricoltori; i prodotti importati che non rispettano alcuna delle regole che sono invece imposte duramente agli agricoltori francesi”, aggiunge Bardella, ergendosi a portavoce delle “doléances” dei francesi, delle loro lamentele, delle loro frustrazioni, della loro collera. “François viene dalle campagne, io dalle periferie. Ma con i nostri stivali coperti di fango ci siamo capiti”, assicura.
Il secondo libro di Bardella è stato pubblicato da Fayard, casa editrice che Vincent Bolloré ha trasformato in una “portaerei reazionaria”
La storia di Adrien, tassista, è un altro pretesto per attaccare il liberalismo, la concorrenza. Gli Ncc come Uber? “Un sistema che si basa sullo sfruttamento dei tassisti, le commissioni, le applicazioni, gli algoritmi”, afferma Adrien. La casa editrice che ha pubblicato il secondo libro di Bardella, e aveva pubblicato anche il primo, non è una maison qualsiasi: è Fayard, la più importante dell’impero editoriale di Vincent Bolloré, il magnate bretone, fondatore di Vivendi e produttore televisivo a capo di CNews, la Fox News francese. Da quando l’ha acquistata nel 2023 dal gruppo Lagardère, Bolloré ha trasformato Fayard in una “portaerei reazionaria”, come ha scritto il magazine Challenges, una casa editrice a servizio di un’agenda politica che mira a portare all’Eliseo le idee réac. Nel 2022, Bolloré aveva provato con Éric Zemmour, fallendo. Nel 2027, assicurano a Parigi, ci proverà con Bardella. “‘Ce que je cherche’, pubblicato il 4 novembre 2024 è stato venduto in oltre 230 mila copie. Se la pubblicazione, in meno di un anno, di due libri del presidente del Rassemblement national segna l’‘estremadestrizzazione’ della linea editoriale di Fayard, non dice quanto questa prestigiosa casa editrice sia cambiata fino a diventare, in pochi mesi, uno dei capifila dell’ideologia reazionaria di questo paese, rovinando così una reputazione centenaria”, ha commentato Challenges.
Nel 2024, Bolloré ha nominato alla guida di Fayard Lise Boëll, l’editrice dei polemisti reazionari, generando un fuggi fuggi generale di attaché e dipendenti. Lo stesso fuggi fuggi che ha visto protagonista il Journal du dimanche da quando Bolloré lo ha aggiunto al suo portfolio nel 2023, affidandone le redini a Geoffroy Lejeune, biografo di Zemmour ed ex direttore del settimanale della destra identitaria Valeurs Actuelles. Domenica scorsa, in copertina, c’era proprio Jordan Bardella, sotto il titolo: “Il declino non è una fatalità”. Occhiali e barba di tre giorni per far dimenticare l’immagine di tiktoker associata alla sconfitta delle legislative del 2024, il presidente di Rn ha delineato il suo progetto per la Francia, approfittandone per fare la promozione del suo secondo libro. Il tutto mentre l’altro quotidiano della domenica, La Tribune du dimanche, pubblicava un sondaggio choc per la macronia e la sinistra sulle intenzioni di voto in vista del 2027. Al primo turno delle presidenziali, secondo l’inchiesta demoscopica dell’istituto Elabe, Bardella potrebbe ottenere tra il 35 e il 37,5 per cento dei suffragi, più di venti punti di distacco dal candidato del campo centrale Édouard Philippe, arenato al 15,5, e con Raphaël Glucksmann, speranza della gauche, all’11 per cento. Il potere? “Mi sto preparando, ci sto lavorando...”, ha detto al Parisien Bardella. L’“homme pressé” del sovranismo francese, che va di fretta.