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Voltagabbana
La metamorfosi della trumpianissima Marjorie Taylor Green mostra le fratture del mondo Maga
Ex istruttrice di crossfit, si radicalizza con QAnon e chiede l'esecuzione di Obama e Clinton: Donald la battezza come "una stella nascente" ma non la sostiene come senatrice, nè come capo per la Sicurezza. Lei firma con i dem la petizione sugli Epstein files e va negli show liberal per criticare l'establishment repubblicano
Difficile immaginare un’esponente politica che meglio incarnasse il trumpismo post 6 gennaio 2021 con tale perfezione come Marjorie Taylor Greene. E anche il suo background era perfetto: una provinciale benestante figlia di imprenditore, istruttrice di crossfit che si radicalizza online attraverso il sostegno a Trump. Che per lei diventa la porta di una miriade di teorie del complotto, prima tra tutti quella di QAnon, che vede i dem a capo di una cupola di satanisti pedofili contro cui combatte Donald Trump sostenuto dai suoi fedelissimi. Su Facebook però, dov’era molto attiva tra il 2017 e il 2021, ci sono le tracce delle sue sparate dove chiede l’esecuzione di Barack Obama e di Hillary Clinton per “alto tradimento” e di quando sosteneva che gli incendi in California del 2018 fossero causati da “laser spaziali” voluti da “aziende ebree” per spingere le persone a interessarsi al cambiamento climatico, a sua volta una bufala.
Un caleidoscopio di teorie del complotto che, se da un lato l’ha resa poco amata dai suoi colleghi repubblicani, che l’hanno spesso ostracizzata nelle commissioni e durante le sedute plenarie, l’ha resa particolarmente cara a Donald Trump, che l’ha spesso definita “una star nascente” del partito. Non tanto però da sostenerla nella complicata sfida al senatore democratico uscente Jon Ossoff. Né tantomeno di nominarla, una volta vinte le presidenziali del 2024, a capo del dipartimento per la Sicurezza nazionale, per il quale le ha preferito l’ex governatrice del South Dakota Kristi Noem, che peraltro si sta mostrando tutt’altro che prudente. Lì è iniziata la rottura con il mondo Maga: prima lo scorso giugno sulla questione del sostegno a Israele (dell’Ucraina inutile parlarne: Greene è sempre stata una strenua isolazionista con punte di filoputinismo), sostenendo che quello che stava avvenendo a Gaza era un “genocidio”, mutuando il termine dall’estrema sinistra e denunciando l’eccessivo sostegno a Tel Aviv, invitando la Casa Bianca a non farsi coinvolgere in una “guerra non nostra”.
Ma è con la vicenda del rilascio dei file di Epstein, negata ripetutamente dal dipartimento di Giustizia, che la deputata ipertrumpista ha cominciato la sua trasformazione in spina nel fianco. Ha criticato aspramente lo speaker Mike Johnson, da lei mai amato, per fare ostruzionismo sulla discussione riguardo al processo al finanziere newyorchese pedofilo. Il motivo? Meglio fare un’inchiesta per non “rilasciare inavvertitamente materiale pedopornografico” incluso negli incartamenti. Lei e altri tre colleghi, comprese altre due trumpiane di ferro come Nancy Mace e Lauren Boebert, appongono la loro firma alla petizione dei democratici per forzare l’ordine del giorno. Senza successo, anche perché Johnson sta ritardando in modo ingiustificato il giuramento di Adelina Grijalva, neoeletta deputata democratica in un’elezione suppletiva a settembre che apporrebbe la firma numero 218 che sbloccherebbe il procedimento.
Al di là di questo, a scatenare il suo animo populista è stato lo shutdown che le ha creato un nuovo ruolo di “grillo parlante” repubblicano con una posizione molto sottile: nessuna critica diretta a Trump, che quando sbaglia è “mal consigliato” e tantissime all’establishment congressuale repubblicano. Che non si cura dei premi assicurativi che raddoppierebbero, qualora il budget proposto a settembre venisse approvato. Che copre “uomini ricchi e potenti” presenti nella presunta “lista di Epstein”. E che è “un club di soli maschi” che non sopporta “le donne forti e indipendenti”.
Anche per questo forse Greene sta diventando un’ospite gradita in diversi talk show amati dal pubblico liberal: eccola quindi apparire a “Real Time” con Bill Maher e a “The View” con Whoopy Goldberg. Una storia di redenzione politica? Non tutti se la bevono: la deputata Alexandria Ocasio-Cortez, capofila della sinistra democratica, l’ha additata in un video postato sulle sue pagine social come una finta “convertita” che in realtà si vuole “vendicare” del mancato sostegno per diventare senatrice. Lei minimizza dicendo che ha ben poco interesse a diventare membro di un organismo “morto” e “disfunzionale” come il Senato e che vuole rimanere con i suoi elettori nel suo distretto semirurale della Georgia che teme per i prezzi in costante crescita e per la spesa sanitaria. E di certo è così.
E anche se non è per motivi nobili, questa incredibile metamorfosi della deputata “più trumpiana” del Congresso è ulteriore dimostrazione che la coalizione Maga sta scricchiolando. E si è visto pochi giorni fa con il primo test elettorale.