Un anno di circo
In Virginia e New Jersey la sinistra riacciuffa gli elettori che votarono per Trump. Alcuni dati
Nel primo anniversario del trionfo del 2024, il presidente esalta l’economia e attacca i democratici da Miami. Ma le governatrici dem Abigail Spanberger e Mikie Sherrill incrinano la “coalizione trumpiana”: i giovani e le minoranze tornano a guardare a sinistra
Donald Trump ha cercato di non farsi rovinare dai democratici la festa del primo anno della sua vittoria alle presidenziali del 2024: il presidente americano è andato nella “sua” Florida, ha tenuto un discorso al Kaseya Center di Miami in cui ha detto che va tutto benissimo, “America is back”, le aziende e le economie sono in ottima forma e il paese, ora che c’è lui, è tornato a essere “rispettato”. Trump ha attaccato i democratici, Joe Biden e Barack Obama, ha detto che Miami diventerà il rifugio dei newyorchesi che scappano dai comunisti (cioè dal neoeletto sindaco Zohran Mamdani), e ha definito il governatore della Federal Reserve, Jay Powell, un cretino (“nincompoop”).
Ma anche se il presidente non vuole prendersi le sue responsabilità, le elezioni del 4 novembre hanno stropicciato e non poco il copione trumpiano. Più che a New York, roccaforte di sinistra dove si è replicata la sfida delle primarie di giugno (con lo stesso risultato: Andrew Cuomo, per quanto sostenuto da una quantità di soldi inusitata e persino dai repubblicani, è stato battuto da Mamdani, che ha costruito una mobilitazione inedita), lo stropicciamento si è consumato in particolare in Virginia e in New Jersey, due stati in cui si è spezzata la cosiddetta “coalizione trumpiana”, cioè l’insieme di voti che consegnò al presidente una vittoria netta e che scarnificò le certezze elettorali del Partito democratico.
Le due governatrici vittoriose, Abigail Spanberger in Virginia e Mikie Sherrill in New Jersey (che sono amiche e alleate, che hanno fatto molte attività insieme al Congresso, che hanno assunto la stessa società di sondaggi per condividere dati e strategia) hanno ottenuto grande consenso in due segmenti dell’elettorato che erano scivolati verso Trump alle presidenziali: gli elettori non bianchi della classe media e i giovani. Circa sette elettori su dieci in New Jersey erano bianchi e Sherrill ha conquistato circa la metà di questo elettorato, ma ha compensato con un ottimo risultato tra gli elettori neri, ispanici e asiatici. La stragrande maggioranza (circa nove su dieci) degli elettori neri ha sostenuto Sherrill, così come circa otto elettori asiatici su dieci. Gli elettori ispanici erano più divisi, ma circa i due terzi hanno votato per la democratica Sherrill (solo circa 3 su 10 hanno votato per il candidato repubblicano, Jack Ciattarelli). Un andamento simile si ritrova in Virginia, dove Spanberger ha ottenuto buoni risultati tra gli elettori neri, ispanici e asiatici, nonostante non abbia ottenuto il consenso della maggioranza degli elettori bianchi. E ancora: la maggior parte degli elettori sotto i 30 anni ha votato per i candidati democratici, in particolare le donne. Circa 8 donne su 10 sotto i 30 anni hanno sostenuto Sherrill in New Jersey, rispetto a poco più della metà degli uomini; stessa cosa in Virginia, dove circa 8 donne su 10 sotto i 30 anni hanno votato per Spanberger, e circa 6 uomini su 10.
Un altro fattore rilevante: è saltata, in questa tornata elettorale, la divisione tra città e zone periferiche che tormenta da un paio di decenni la politica occidentale. Se Sherrill non avesse vinto nelle città (cosa che ha fatto), sarebbe comunque stata eletta governatrice grazie al voto cosiddetto rurale.
Ronald Brownstein scrive su Bloomberg che “le vittorie dei democratici mostrano che le esuberanti previsioni repubblicane dopo il 2024, secondo cui Trump aveva progettato un riallineamento duraturo, in particolare tra gli elettori ispanici, neri e asiatico-americani della classe operaia, erano premature. I risultati di martedì segnalano che molti elettori in tutte le circoscrizioni elettorali che si sono mosse verso Trump nel 2024 rimangono alla portata di entrambi i partiti. Inoltre, le stesse frustrazioni economiche che hanno spinto Trump tra questi gruppi lo scorso anno stanno ora colpendo lui e altri repubblicani”. L’inflazione è ancora al 3 per cento, i dazi trumpiani creano un’incertezza insostenibile, i tagli arbitrari all’amministrazione pubblica e ora lo shutdown hanno contratto la fiducia dei consumatori. Trump può dire che va tutto benissimo, ma gli americani che un anno fa gli hanno creduto, ora lo fanno un po’ meno.