Editoriali

L'arte non si cancella mai, la propaganda sì. Il caso Abdrazakov

Redazione

Il ministro della Cultura Alessandro Giuli, approvando la decisione del Teatro Filarmonico di Verona di sospendere l’esibizione del baritono, ha scelto di marcare un giusto confine

 

Cancellare un artista per la sua appartenenza è sempre una scelta rischiosa. L’Europa ha imparato, o dovrebbe avere imparato, che la libertà artistica, come quella del pensiero, va protetta anche quando mette a disagio. Eppure, nel caso del baritono russo Ildar Abdrazakov, non si tratta di libertà contro censura, ma di un’altra distinzione: quella tra arte e propaganda. Le carriere devono restare separate, come direbbe chi conosce la giustizia e la politica. La cultura russa non è un nemico: è un patrimonio. Ma quando diventa lo strumento di un potere che costruisce la propria forza sulla negazione delle libertà altrui, la neutralità smette di essere innocenza. Può trasformarsi in complicità. Il ministro della Cultura Alessandro Giuli, approvando la decisione del Teatro Filarmonico di Verona di sospendere l’esibizione del baritono (Abdrazakov è stato nominato membro del Consiglio presidenziale per la cultura e le arti in Russia, con decreto presidenziale di Putin), non ha reagito d’istinto. Ha scelto di marcare un confine giusto: in Italia l’arte è benvenuta, la propaganda no. E’ una presa di posizione di principio, ma anche un gesto politico. Perché nel dire questo, il ministro ha sfidato una parte della sua maggioranza – quella più indulgente verso Mosca, quella che ancora distingue la guerra di Putin dalle sue responsabilità – e ha ricordato che la libertà dell’Ucraina viene prima di ogni altra libertà. Non è poco, in un tempo in cui molti usano la parola “pace” per non parlare di giustizia, e la parola “cultura” per non scegliere da che parte stare. C’è un modo per così dire adulto di difendere la libertà, e non passa dal vietare o dal punire, ma dal riconoscere che anche un concerto, a volte, può avere un significato politico. Il ministro ha fatto una scelta che può dividere, ma ha avuto il coraggio di dire che non si può far finta di niente, perché, senza retorica, la guerra, anche quando non si combatte con le armi, può entrare nei luoghi dove si forma il senso morale di una comunità, e chi ama la libertà non può permettersi di non vigilare.